I NOSTRI COMUNICATI

 

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Proseguono nel rispetto dei tempi concordati le attività previste dal nuovo accordo di programma per la bonifica del sito di interesse nazionale dell'ex Miniera di amianto di Balangero e Corio. Martedì 16 luglio la società a partecipazione pubblica RSA, che si occupa delle operazioni per restituire alla comunità locale il sito adeguatamente risanato e rimesso in sicurezza, ha organizzato una visita guidata all’ex complesso minerario, a cui hanno preso parte in rappresentanza della Città metropolitana di Torino i Consiglieri Sonia Cambursano e Alessandro Sicchiero, delegati la prima alle attività produttive, allo sviluppo economico e alla pianificazione strategica e il secondo all’ambiente, alle risorse idriche e alla qualità dell’aria.
La visita ha offerto ai responsabili della RSA e dell’Arpa l’occasione per illustrare ai rappresentanti della Città metropolitana, ma anche della Regione Piemonte, del Ministero dell’ambiente e delle amministrazioni comunali interessate lo stato di avanzamento dei lavori, che consentiranno a fine anno di restituire bonificati circa due terzi dell'intera superficie di 310 ettari del sito e permetteranno di valutare le prospettive per il futuro sviluppo dell'area, orientato verso la creazione di un polo di produzione energetica ecosostenibile e innovativa. Legittima quindi la soddisfazione espressa dal presidente della RSA, Giovanni Battista Poma, il quale ha annunciato che, insieme ai Comuni interessati, si sta lavorando alla costituzione di una comunità energetica che nell’ex Amiantifera produrrà corrente elettrica installando pannelli fotovoltaici e una centralina idroelettrica, ma che giocherà inoltre le importanti scommesse della produzione di idrogenoe del recupero di materiali utili ancora presenti nell’ex stabilimento in cui l’amianto veniva lavorato e confezionato. Ascoltando i responsabili di RSA e gli amministratori locali come il Sindaco di Balangero, Franco Romeo, si delinea il quadro di un ex complesso minerario in cui già oggi si riesce a far procedere di pari passo la cucitura delle ferite del passato e la costruzione di un futuro economico e sociale eco-compatibile.
Come si può leggere nello Statuto della RSA, tra gli scopi operativi della società vi sono laprogrammazione,laprogettazione, la realizzazionee la gestionediopereeserviziperil potenziamentoeconomico,turisticoeculturaledell’area,le azioni promozionali, commerciali, organizzative e di coordinamento finalizzate alla realizzazione dell’oggetto sociale, l’acquisto di beni finalizzati al perseguimento dell’oggetto sociale. Nel concreto, stiamo parlando della bonifica ambientale, della messa in sicurezza e rinaturalizzazione dei siti dell’ex miniera a gradoni e della gigantesca discarica dove sono depositati 60 milioni di metri cubi di rocce che venivano scartate per l’insufficiente concentrazione di fibre di amianto, delle nuove attività produttive e anche della valorizzazione dei percorsi escursionistici nelle aree a maggiore valore ambientale e paesaggistico.

L’APPREZZAMENTO E IL SOSTEGNO DELLA CITTÀ METROPOLITANA

Intervenendo all’incontro i Consiglieri Cambursano e Sicchiero hanno ribadito l’apprezzamento della Città metropolitana di Torino per il lavoro che si sta portando a termine, ma anche l'impegno dell’Ente a sostegno delle ulteriori attività di bonifica del sito della ex Amiantifera. L’Ente di area vasta, infatti, da tempo mette a disposizione del territorio alcune professionalità altamente specializzate e fortemente impegnate nel perseguimento degli obiettivi della RSA.
Il Consigliere Sicchiero ha sottolineato che “la più grande cava di amianto all’aperto mai realizzata e gestita in Europa è un esempio delle criticità e delle sfide con cui ci troviamo a confronto quando si parla di siti industriali dismessi ad alto impatto ambientale. Qui è accaduto e sta accadendo quello che sempre dovrebbe succedere quando si dismette e si risana un sito industriale a rischio. Perché negli ultimi 20 anni, cioè da quando la RSA ha acquisito l’area e ha avviato il progetto di messa in sicurezza e risanamento, a Balangero molte cose sono cambiate. L’ex miniera di amianto non è più la bomba ecologica che tante preoccupazioni creava alla popolazione locale e agli amministratori pubblici. Oggi il territorio in cui sorgeva e operava la cava di amianto è monitorato ed è sotto controllo”.
Gli incoraggianti dati derivanti dai campionamenti quotidiani sull’aria nell’ex complesso industriale confermano infatti che per ogni litro potenzialmente inalato da un visitatore dell’area il numero di fibre di amianto presenti varia da 0,2 a 0,4. Il basso livello di rischio a cui si espone chi oggi lavora nell’area potrebbe essere la premessa di una modifica dei rigidi protocolli di sicurezza attuali? Questo si vedrà e si deciderà nei prossimi anni, perché oggi nell’area non si entra senza indossare una tuta con cappuccio e una mascherina FP3 che impediscono alle fibre di amianto eventualmente presenti di entrare in contatto con le vie respiratorie.
I dati incoraggianti forniti dall’Arpa sono indicatori importanti della validità dei progetti e delle azioni concrete e verificabili per la riqualificazione dell’area a scopo economico, sociale e ambientale. Come detto, alla fine di quest’anno anno i due terzi dell’area interessata dalla contaminazione da fibre di amianto potranno essere considerati come definitivamente messi in sicurezza. Intanto, gli impianti e i macchinari dismessi sono stati definitivamente acquisiti da un soggetto pubblico, la RSA, che ora può avviare gli interventi di bonifica e di decommissioning degli stabilimenti, così come la bonifica e la riqualificazione delle vasche fanghi e del bacino di coltivazione dell’ex cava mineraria.
I materiali contaminati saranno ricollocati all’interno di un volume confinato individuato nel sito stesso, che è di imminente realizzazione e che è stato oggetto di un’autorizzazione integrata ambientale da parte della Città metropolitana di Torino. Tale autorizzazione coinvolge anche le altre installazioni presenti nel sito e funzionali alla bonifica, l’impianto di depurazione delle acque contaminate e il deposito preliminare per i rifiuti pericolosi.
RSA ha operato e opererà per favorire lo sviluppo durevole e sostenibile dell’area,con lapossibilità di avviareattività volte ad unnuovo utilizzo economico e al reinsediamento di iniziative produttive nell’ex Amiantifera. - ha commentato la Consigliera metropolitana Sonia Cambursano. - Sono obiettivi ambiziosi e importanti, che è giusto continuare a perseguire, concertando la loro realizzazione con la comunità locale e con gli amministratori pubblici che ne esprimono gli interessi e i diritti”.

UN PO’ DI STORIA

II giacimento sul monte San Vittore, tra Balangero e Corio, venne scoperto nel 1904 e negli anni successivi vennero eseguiti i primi studi per valutare e stimare la presenza di amianto nel sito e la consistenza del giacimento. Le attività di estrazione vennero avviate nella primavera del 1918. In seguito vennero potenziate le opere di scavo e ingranditi e ampliati gli impianti, con la costruzione di un nuovo edificio per la frantumazione e di un disintegratore a martelli oscillanti. Vennero anche migliorate le strade di accesso allo stabilimento. Negli anni e decenni successivi la produzione e la vendita di amianto aumentarono considerevolmente e l’Amiantifera divenne una realtà industriale all’avanguardia in Europa. Nel pieno del boom della produzione, nel 1983, l'Amiantifera di Balangero venne ceduta dalla Eternit e dalle Manifatture Colombo ai fratelli Puccini di Roma. Nel giro di 7 anni la società subì una grave involuzione e nel 1990 venne chiusa per fallimento, con il conseguente licenziamento dei dipendenti. Nel 1992 venne infine emanata la legge 257 con la quale si bandì in Italia l'uso dell'amianto sotto qualsiasi forma. L'articolo 11 del provvedimento indicava espressamente le modalità di risanamento della miniera di Balangero che, 32 anni dopo, è finalmente a buon punto.visita Amiantifera Balangero 16 07 2024 1

Ambiente

Proseguirà anche per il triennio 2024-26 il programma SPoTT - Sorveglianza sulla salute della popolazione nei pressi del Termovalorizzatore di Torino - con l’avvio, in questo mese di giugno , di una nuova campagna di prelievi per il biomonitoraggio umano (BMU), per sorvegliare la salute dei residenti nelle aree di ricaduta dell’impianto di incenerimento dei rifiuti di Torino. Il programma,previsto dal decreto di compatibilità ambientale, è portato avanti dal Gruppo di Lavoro SPoTT (Arpa, AslCittà di Torino, AslTO3, Istituto superiore di Sanità e Istituto zooprofilattico sperimentale Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta), i, si sviluppa con il coinvolgimento di Comitato locale di controllo del termovalorizzatore del Gerbido.

Cosa è il programma SPoTT
SPoTT è un’iniziativa che ha preso il via nel 2013 con l’obiettivo di creare un sistema di sorveglianza per valutare gli effetti dell’inceneritore di rifiuti solidi urbani di Torino, uno dei più grandi d’Italia, nelle popolazioni residenti nell’area circostante l’impianto, monitorando l’eventuale esposizione a inquinanti ambientali derivanti dal processo di incenerimento, individuare possibili effetti sulla salute dovuti a queste esposizioni e fornire indicazioni per la prevenzione per la popolazione esposta.

La prima fase del programma si è conclusa nel 2018, e una seconda fase è stata progettata e rifinanziata per il triennio 2020-2023. Si sono ampliate le attività, declinate in 10 linee progettuali, che comprendono il biomonitoraggio (su residenti, allevatori e lavoratori dell’impianto) e studi epidemiologici sulla popolazione e sui lavoratori; mentre sul fronte ambientale sviluppa una nuova linea di modellistica per calcolare la dispersione degli inquinanti, un monitoraggio sulle matrici alimentari e una linea dedicata alle deposizioni al suolo di mercurio.

La seconda fase del progetto, che ha ottenuto un finanziamento di quasi 1milione 900 mila euro , ha tuttavia incontrato delle difficoltà sul fronte del biomonitoraggio umano a causa della pandemia.

“Grazie però alla volontà congiunta di tutto il Gruppo di lavoro, di Trm e del Comitato locale di controllo” spiega Alessandro Sicchiero, consigliere delegato all’ambiente della Città metropolitana di Torino “è stato possibile costruire, attraverso una serie di convenzioni, una proroga di Spott per il triennio 2024-2026 che ha consentito di dare di nuovo il via al biomonitoraggio umano”.

2024-2026: ripartono i prelievi
Alla nuova fase di prelievi ha dichiarato la disponibilità ad aderire la maggior parte dei cittadini campionati che risultano ancora residenti nelle aree limitrofe al Termovalorizzatore, ovvero nei Comuni di Beinasco, Grugliasco, Rivalta e Torino che avevano già aderito alle fasi precedenti del biomonitoraggio, a partire dal 2013.

I risultati individuali, riguardanti lo stato di salute generale, saranno restituiti entro pochi giorni dai prelievi; quelli riguardanti gli inquinanti, data la complessità delle metodiche di analisi da applicare, saranno restituiti verosimilmente entro un anno.

Saranno redatti specifici report riguardanti i risultati delle analisi, presentati a livello collettivo.

Gli esiti emersi dai due gruppi esaminati (residenti rispettivamente più vicino e più lontano dall’impianto) verranno confrontati fra di loro e con i risultati delle precedenti fasi del biomonitoraggio.

I risultati complessivi del biomonitoraggio saranno resi disponibili attraverso il sito del Programma: https://www.spott.dors.it/..

Ambiente

Torino è tra le tre città italiane coinvolte nel progetto pilota “TakeBack: ReMed”, l’iniziativa per la raccolta e il riciclo dei dispositivi pre-riempiti per iniezione, promossa per la prima volta in Italia da Novo Nordisk, azienda leader nel campo dei farmaci per le malattie croniche non trasmissibili e le patologie rare.

Dalle penne monouso a oggetti di uso comune, come sedie e complementi d’arredo, il percorso diventa un modello di raccolta e riciclo del tutto innovativo, per trasformare un dispositivo medico usato da rifiuto a risorsa. Sono oltre 607mila, infatti, le penne pre-riempite usate per le terapie contro diabete, obesità e malattie rare che ogni anno sono utilizzate dai cittadini torinesi e che, fino a ieri, finivano in discarica mentre ora, grazie al progetto TakeBack: ReMed, torneranno a nuova vita.

TakeBack: ReMed” si inserisce nell’impegno globale che Novo Nordisk ha assunto nel campo della sostenibilità con Circular for zero, iniziativa globale che si pone l’obiettivo sfidante di raggiungere un impatto ambientale zero entro il 2045. Sperimentato con successo in Brasile, Francia, Danimarca e Regno Unito, “TakeBack: ReMed” ora arriva in Italia con sperimentazioni che interesseranno, oltre Torino, Bologna e Parma. 

A conferma dell’importanza che progetti come questo hanno per l’ambiente in termini di risparmio di CO2, ci sono i dati che arrivano dalle esperienze già avviate in altri paesi: nel Regno Unito, ad esempio, si è ottenuto un risparmio del processo di smaltimento pari a circa il 90%, passando da 26g a 3g di CO2. 

Novo Nordisk lega indissolubilmente l’impegno per il miglioramento della qualità di vita delle persone con l’innovazione e la sostenibilità, perché siamo convinti che il valore terapeutico dei nostri farmaci debba essere sempre associato anche al loro impatto ambientale. L’obiettivo è raggiungere un impatto ambientale zero entro il 2045. Portiamo avanti in tal senso una strategia che ragiona in ottica Planetary Health. Promuoviamo la riduzione dei consumi e delle emissioni, il riciclo dei rifiuti e lo sviluppo di prodotti riutilizzabili all’interno di un’economia circolare che copre tutta la filiera, dalla produzione alla distribuzione. Grazie alla collaborazione con le istituzioni e gli attori del territorio, è possibile creare le condizioni per fare la differenza e promuovere azioni concrete, virtuose e veramente sostenibili come ‘TakeBack: ReMed’, spiega Marco Salvini di Novo Nordisk Italia. 

Nella città di Torino, ogni anno, viene utilizzato circa il 3,5% degli oltre 17 milioni di penne pre-riempite che ogni anno vengono vendute in Italia. La sperimentazione parte dunque da questi numeri e si svilupperà grazie a un accordo con Federfarma che ha promosso l’adesione di 80 farmacie cittadine e fornirà i dati di raccolta. In questi presidi, i cittadini troveranno il kit per la raccolta, composto da buste di raccolta delle penne utilizzate che saranno distribuiteai cittadini. Ogni busta potrà contenere tra le 10 e le 15 penne e si stima una previsione di retourn rate ovvero la risposta di restituzione da parte della cittadinanza – del 25%  

La partecipazione al progetto ‘TakeBack: ReMed’ si inserisce lungo la direttrice tracciata dalle altre progettualità della Città di Torino, dalla raccolta di prossimità degli oli vegetali di provenienza domestica al recupero del cibo, dei RAEE e del legno. Si tratta di iniziative che, creando un contesto favorevole alla riduzione dei rifiuti prodotti e alla differenziazione degli stessi, favoriscono l’adozione di pratiche circolari attraverso il riciclo e il riuso dei materiali, minimizzando così l’impatto ambientale. ReMed, oltre a trasformare rifiuti in risorse, rappresenta anche un’importante opportunità di informazione e responsabilizzazione. Alcune tipologie di dispositivi medici che sono di uso comune nelle nostre case finiscono spesso conferiti in modo non corretto”, commenta l’assessora alle Politiche per l’Ambiente di Torino Chiara Foglietta. 

Le penne raccolte a Torino saranno poi trasferite in Danimarca per completare il ciclo di recupero. Grazie a diverse partnership locali, infatti, Novo Nordisk raccoglie, stocca e spedisce le penne usate in Danimarca, per poi trasformarle in materie prime seconde utilizzate per la creazione di oggetti di uso comune, come sedie, lampade, vasi e molto altro. Le penne monouso adesso sono riciclabili fino all’85%.

Per la Città metropolitana di Torino questo è solo un primo passo. Vogliamo infatti estendere il progetto al resto dei Comuni del nostro territorio, oltre che ad altri produttori, come già accaduto per gli analoghi progetti all’estero, con l’obiettivo di aumentare le quantità di pennette sottratte all’inceneritore, e magari creare le condizioni per una filiera di riciclo nazionale” aggiunge Alessandro Sicchiero, consigliere delegato all’Ambiente della Città metropolitana di Torino.

Insomma, un modello chiaro di economia circolare applicato al settore sanitario e farmaceutico, che, grazie all’impegno di Novo Nordisk e alla collaborazione delle Municipalità coinvolte, partirà da Torino e dalle altre città pilota per poi estendersi anche in altre città italiane.

Ambiente

In merito all’iter per l’autorizzazione alla società Edison Teleriscaldamento per la realizzazione di un impianto di cogenerazione a gas naturale e biomassa legnosa a Rivoli,il Dipartimento Ambiente e Vigilanza ambientale della Città metropolitana di Torino precisa che:
- nel novembre scorso l’Ufficio Urbanistica della Città di Rivoli ha espresso un parere tecnico favorevole alla variante urbanistica correlata alla costruzione e messa in funzione dell’impianto di cogenerazione, in attesa della ratifica della variante stessa da parte del Consiglio Comunale
- la Edison Teleriscaldamento ha proposto all’amministrazione comunale uno schema di accordo per la realizzazione della rete di teleriscaldamento, che dopo aver recepito le osservazioni formulate da tutti gli uffici interessati, è stato approvato dalla Giunta Comunale e ritrasmesso in via definitiva il 30 novembre
- a giudizio della Direzione Risorse idriche e tutela dell’atmosfera della Città metropolitana di Torino appariva quindi più che evidente la volontà favorevole dell’amministrazione comunale, in considerazione di quanto affermato sulla ratifica della proposta di variante, oltre che della già avvenuta sottoscrizione dell’accordo con Edison Teleriscaldamento.
- essendo decorsi i termini assegnati per l’acquisizione degli assensi per il rilascio dell’autorizzazione e attesi ulteriori 30 giorni oltre a quelli stabiliti nel settembre dello scorso anno, la Direzione Risorse idriche e tutela dell’atmosfera della Città metropolitana ha concluso il procedimento, con un provvedimento emanato il 10 gennaio scorso.
Dagli uffici competenti della Città metropolitana si sottolinea che la costruzione e l'esercizio degli impianti di cogenerazione di potenza termica inferiore ai 300 Megawatt, delle opere connesse e delle infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dall'amministrazione competente. Tale autorizzazione costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico. L’espressione del Consiglio comunale deve avvenire entro il termine del procedimento e il mancato pronunciamento nei termini non è comunque vincolante: questo perché l’approvazione del progetto è quella che la normativa in materia definisce come una variante automatica normativa”, purché gli elaborati presentati a corredo dell’istanza di autorizzazione siano completi come attestato dal Comune. Lo strumento urbanistico dovrà essere adeguato da parte del Comune, successivamente all’approvazione del progetto, alla prima variazione utile.

Ambiente

In occasione dell'avvio delle attività previste dal nuovo accordo di programma per la bonifica del sito di interesse nazionale dell'ex Miniera di Amianto di Balangero e Corio, incontro con il ministro dell'ambiente Gilberto Pichetto Fratin venerdì 5 aprile alla ex Amiantifera un'occasione per illustrare lo stato di avanzamento dei lavori di bonifica e messa in sicurezza eseguiti in questi anni, lavori che consentiranno a breve di restituire bonificati circa 2/3 dell'intera superficie di 310 ettari del sito e permetteranno di formulare interessanti prospettive per il futuro sviluppo dell'area, orientato verso la creazione di un polo di produzione energetica ecosostenibile ed innovativa.
Intervenendo a nome di Città metropolitana di Torino, la consigliera delegata alle politiche di sviluppo locale Sonia Cambursano ha ribadito la volontà e l’impegno della Città Metropolitana di Torino a sostegno delle ulteriori attività di bonifica del sito della ex Amiantifera di Balangero curate dalla RSA srl - Società per il risanamento e lo sviluppo ambientale dell'ex miniera di amianto, di cui siamo soci. "Non si tratta solamente di un impegno finanziario e amministrativo, perché il nostro Ente da tempo mette a disposizione di questo territorio alcune professionalità altamente specializzate e fortemente impegnate nel perseguimento degli obiettivi della RSA, come il geologo Gian Luigi Soldi. Ci troviamo nella più grande cava di amianto all’aperto mai realizzata e gestita in Europa, un esempio delle criticità e delle sfide con cui siamo confrontati quando si parla di siti industriali dismessi ad alto impatto ambientale. È positivo il fatto che alla fine di quest’anno anno i due terzi dell’area interessata dalla contaminazione da fibre di amianto potranno essere considerati come definitivamente messi in sicurezza. Come è positivo il fatto che gli impianti e i macchinari dismessi siano stati definitivamente acquisiti da un soggetto pubblico - la RSA srl - che ora può avviare gli interventi di bonifica e di decommissioning degli stabilimenti, così come la bonifica e la riqualificazione delle vasche fanghi e del bacino di coltivazione dell’ex cava mineraria. I materiali contaminati saranno ricollocati all’interno di un volume confinato individuato nel sito stesso, che è di imminente realizzazione e che è stato oggetto di un’Autorizzazione Integrata Ambientale da parte della Città metropolitana di Torino".


Ambiente

Ogni anno, dal 1998, viene pubblicato il rapporto “Uno sguardo all’aria”, il documento tecnico, approfondito e dettagliato, che descrive, attraverso dati ed elaborazioni, l’evoluzione e lo stato della qualità dell’aria nel territorio della Città metropolitana di Torino. Una fonte preziosa e completa di informazioni, che descrive lo stato di salute di una delle componenti principali dell’ambiente in cui viviamo. Dal 2012, in primavera, viene proposta un’anteprima del Rapporto, che permette di sondare, anche se in modo meno dettagliato, qual è stato il trend della qualità dell’aria nell’anno precedente.

L’analisi dei dati evidenzia che nove dei dodici inquinanti per i quali sono stabiliti valori di riferimento rispettano i valori limite e obiettivo su tutto il territorio metropolitano. Il 2023 è stato leggermente più siccitoso e più caldo rispetto alla media dei 10 anni precedenti, ma complessivamente ha avuto condizioni favorevoli alla dispersione degli inquinanti. Il valore dell’indicatore utilizzato per individuare il numero di giorni potenzialmente favorevoli all’accumulo del PM10 è stato il terzo più basso della serie storica a disposizione. Più in generale, i dati di PM10, biossido di azoto e ozono hanno presentato significative riduzioni, con un miglioramento evidente anche al netto delle condizioni meteo abbastanza favorevoli.

I dati di PM10 rilevati nel 2023 presentano un netto miglioramento sia rispetto al 2022 (un anno particolarmente critico) che rispetto al 2021 e al 2018, anni che hanno avuto condizioni meteo dispersive confrontabili. Nel 2023 per la prima volta i superamenti del valore limite giornaliero di PM10 sono concentrati nelle stazioni dell’agglomerato torinese caratterizzate da intenso traffico veicolare e nella stazione di Carmagnola, anch'essa prossima ad una strada molto trafficata. In tutte le stazioni di fondo, indicative dell’esposizione media della popolazione, il valore limite giornaliero è rispettato, con l'eccezione di una stazione in Torino. Il valore limite annuale del biossido di azoto è superato solo nella stazione più critica dell’agglomerato torinese.

Restano comunque ancora critici molti parametri: il valore obiettivo dell’ozono è ancora superato in tutte le stazioni del territorio, anche se in questo caso si registrano concentrazioni in diminuzione nel 2023. Il particolato PM10, il biossido di azoto e l’ozono si confermano, al netto del miglioramento, inquinanti per i quali non sono ancora rispettati i valori limite e il valore obiettivo. Tuttavia, le serie storiche di lungo periodo evidenziano, sostanzialmente per tutti gli inquinanti, una evidente riduzione delle concentrazioni.

L’analisi complessiva dei rilevamenti dei parametri PM10 e biossido di azoto mostra una situazione che negli ultimi anni si è evoluta positivamente, in particolare se si considera l’esposizione media della popolazione.

I dati evidenziano che le politiche di risanamento sviluppate fino ad oggi sono state efficaci ma, in particolare per il particolato atmosferico, che viene prodotto da molte sorgenti diverse e con meccanismi complessi, sicuramente non ancora risolutive.

Fra le attività intraprese a contrasto, la Città metropolitana di Torino autorizza le emissioni in atmosfera degli impianti industriali per limitare l'inquinamento atmosferico. Sono circa 5000 gli impianti autorizzati con applicazione delle migliori tecniche disponibili. Grazie a questa attività con il supporto delle imprese le emissioni di ossidi di azoto delle attività industriali si sono ridotte di oltre il 70%, e quelle di PM10 primario addirittura del 97%.

Occorre però ancora e con determinazione ridurre le emissioni di inquinanti delle principali sorgenti, in particolare traffico veicolare, combustione della biomassa e attività zootecniche, per garantire a tutti i cittadini un ambiente salubre e una qualità dell’aria soddisfacente.

Ulteriori risultati sono attesi nei prossimi anni dall’implementazione del Piano urbano della mobilità sostenibile, dall’applicazione delle migliori tecniche disponibili per le imprese zootecniche e dalle attività di controllo della corretta conduzione e manutenzione degli impianti di riscaldamento.

Il rapporto è disponibile al link
http://www.cittametropolitana.torino.it/cms/ambiente/qualita-aria/dati-qualita-aria/relazioni-annuali



 

Ambiente

Inizierà il 9 aprile e durerà tre mesi il nuovo corso di formazione per le aspiranti Guardie Ecologiche Volontarie, organizzato dalla Città metropolitana di Torino. Le domande si partecipazione possono essere presentate sino al 31 marzo secondo le indicazioni contenute nel bando reperibile al link 

http://www.cittametropolitana.torino.it/cms/fauna-flora-parchi/parchi-aree-protette/gev/diventare-gev

Per informazioni si può anche scrivere a salaoperativagev@cittametropolitana.torino.it
Le lezioni si svolgeranno in parte a distanzae in partein presenza. Sarà possibile assistere alle lezioni in presenza all’Istituto Tecnico Industriale Statale Pininfarinaa Moncalieri. In alternativa sarà possibile assistere invideoconferenza sulla piattaforma Webex. La durata del corso è di 3 mesi, con 90 ore di lezioni, di cui50 teoriche a frequenza bisettimanale, il martedì e giovedì dalle 19 alle 22, e 40 pratiche. Per quanto riguarda le lezioni pratiche, 30 ore saranno dedicate ad uscite sui territori durante i sabati e10 ore ad un tirocinio di 3 mezze giornate al seguito delle GEV esperte, durante l’attività di servizio. L’esame finale di idoneità si terrà nell’ultima settimana di giugno. Le GEV sono volontari che offrono il loro servizio a titolo gratuito e con un Decreto della Prefettura sono nominate guardie particolari giurate per la tutela dell’ambiente. Non sono dotate di armi. Il corso si rivolge ai cittadini residenti o domiciliati nella provincia di Torino, di età compresa fra i 18 e i 67 anni, in possesso del diploma di licenzia media, che intendano impegnarsi con costanza nella salvaguardia e tutela dell’ambiente.GEV Città metropolitana Torino repertorio 1

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Seconda edizione per il “plogging lento” al lago di Arignano: richiamandosi alla disciplina sportiva del plogging (una pratica di origine svedese che consiste nel raccogliere i rifiuti che si trovano per strada mentre si fa jogging), sabato 24 febbraio si svolgerà la giornata di pulizia delle sponde del lago.
Il lago è in fase di recupero naturalistico nell’ambito del progetto ISOLA-Interventi di salvaguardia e monitoraggio del Lago di Arignano, finanziato sul bando Simbiosi 2022 della Fondazione Compagnia di San Paolo, di cui la Città metropolitana guida l’attuazione.

In passato il Comitato per la salvaguardia del lago aveva già realizzato alcuni interventi di rimozione dei rifiuti dalle sponde, coinvolgendo i suoi soci e altri cittadini volenterosi. Il plogging di sabato 24 febbraio è una delle iniziative di sensibilizzazione della popolazione locale e degli escursionisti che frequentano lo specchio d’acqua al confine tra la Città metropolitana di Torino e la provincia di Asti, previste dal progetto ISOLA e organizzate dal Comitato per la salvaguardia del lago.

Per la promozione dell’evento e per incuriosire e incentivare la partecipazione, si è deciso di richiamarsi, anche se impropriamente, alla disciplina sportiva del plogging. In realtà, sarà una semplice passeggiata ecologica - di qui la definizione di “plogging lento” - durante la quale chiunque potrà collaborare a raccogliere i rifiuti trovati lungo il perimetro della Zona naturale di salvaguardia del lago.

Il ritrovo è alle 9.30 sulle rive del lago (lato Arignano): raccomandati scarponcini e abbigliamento caldo, mentre guanti e sacchetti saranno forniti dagli organizzatori.

In caso di pioggia o neve l’appuntamento è rimandato al 2 marzo. La partecipazione è gratuita e aperta a tutti.

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Una giornata di sole sfavillante, l’arco di montagne di nuovo imbiancate e, dietro una cortina boscosa, il Po, con aironi, cormorani e folaghe a sorvolarlo placidi. Di fronte, un vastissimo prato puntellato di shelter, disposti in grandi cerchi irregolari: fra qualche anno al posto di quetsi piccoli ripari per giovani piante ci sarà un bosco misto di querce, olmi, sambuchi, salici, pioppi, che formeranno un bosco misto attraverso il quale passeggiare e raggiungere il fiume.

Siamo a Cavagnolo, di fronte a uno dei più recenti interventi di riforestazione finanziati alla Città metropolitana con il Pnrr e destinato all’ambito perifluviale del fiume Po – tratto torinese, nei Comuni di Brusasco, Cavagnolo, Lauriano, San Sebastiano da Po e Verolengo.

In tutto una superficie di oltre 54 ettari che prevede la messa a dimora di 72.000 esemplari fra alberi ed arbusti tipici dell’ambiente fluviale, per un importo complessivo di 2.250.000 euro.

Dietro il nuovo “bosco” di Cavagnolo, il sentiero lungo il fiume si dipana lungo una piacevole passeggiata e raggiunge un altro nuovo impianto, che appartiene già al Comune di Brusasco: anche qui le piccole piante sono riparate dagli shelter che le proteggono dagli animali selvatici, mentre una spessa pacciamatura di paglia contiene la crescita delle erbe infestanti e aiuta a mantenere le risorse idriche.

Fra i progetti della Città metropolitana finanziati con il Pnrr e destinati alla riforestazione questo si colloca lungo l’asta fluviale del Po nella pianura alluvionale a valle della città di Torino, prevalentemente in destra orografica del Po. Seppur non contingui, i terreni interessati dei cinque Comuni presentano caratteristiche simili e contemplano interventi analoghi: il progetto prevede nfatti operazioni di eradicazione delle specie alloctone invasive, lavorazioni superficiali del suolo, apertura delle buche e concimazione localizzata, messa a dimoradi specie autoctone arboree e arbustive, inerbimento, sistemi di pacciamatura, dotazione di dispositivi di protezione da fauna selvatica e di segnalazione delle piantine, cura e manutenzione dell'impianto per i 5 anni successivi.

Le specie – alberi e arbusti - che trovano dimora nelle aree di riforestazione sono Acer campestre, Alnus glutinosa, Crataegus monogyna, Euonymus europaeus, Ligustrum vulgare, Prunus avium, Prunus padus, Prunus spinosa, Populus alba, Populus nigra, Quercus robur, Rhamnus catharticus, Salix purpurea, Salix eleagnos, Salix alba, Sambucus nigra, Ulmus laevis.

Andrea Gavazza, sindaco di Cavagnolo, spiega che con questo intervento “abbiamo riconquistato un tratto del Parco del Po, perché in questi mesi, anche con l’aiuto dei volontari e dei cantonieri, siamo riusciti a ripulire una zona così invasa dalla vegetazione che non si riusciva neppure ad arrivare fino al fiume. E con l’intervento di riforestazione della Città metropolitana a cui abbiamo concesso l’utilizzo dei terreni comunali abbiamo finalmente un’area libera da infestanti e rinaturalizzata con specie autoctone: da oggi in poi possiamo puntare a farne una meta di interesse naturalistico e turistico. Infatti il prossimo passo sarà un intervento di valorizzazione e conservazione, insieme al Parco del Po e con la collaborazione di Città metropolitana e finanziato con bando regionale, che speriamo si concretizzi in un’area attrezzata e magari, un pontile per una navigazione dolce con barchini elettrici”.

L’obiettivo di conservare l’ambiente e insieme valorizzarlo, permettendo la fruizione, comporta una visione che deve allargarsi rispetto ai confini comunali, come spiega bene Giulio Bosso, sindaco di Brusasco: “Questo è un progetto nato dalla sinergia della Città metropolitana con i nostri Comuni e con la collaborazione del Parco del Po: sono queste le basi per proteggere l’ambiente fluviale e la riforestazione è un passo importante per riappropriarsi dei nostri territori”.

Concretamente Bosso pensa alla realizzazione di un percorso ciclopedonale che permetta a cittadini e turisti di godere di questo ambiente dove il fiume, il bosco, i piccoli laghi movimentano la pianura: “Desideriamo dare impulso a un turismo non invasivo, non quello dei grandi numeri ma quello “calmo”, che è quello di cui i nostri piccoli Comuni hanno bisogno: e per questo è necessaria la collaborazione fra di noi e anche con un ente di coordinamento come la Città metropolitana”.

Approfondimenti con foto e video: http://www.cittametropolitana.torino.it/speciali/2024/pnrr_riforestazione_parco_po/

Ambiente

Il 2024 si è aperto con notizie positive sul fronte della tutela dell’ambiente, dal momento che la Città metropolitana di Torino ha avuto conferma dell’erogazione dei 22 milioni e 220.000 euro che erano stati richiesti al Ministero dell’Ambiente e Sicurezza Energetica per la realizzazione di 5 progetti di forestazione urbana ed extraurbana presentati a fine settembre. I progetti sono relativi alla Missione 4.2.3.1 del bando e consentiranno di intervenire su 5 ambiti metropolitani per mettere a dimora 650.000 piante nei prossimi due anni. Prosegue così una vasta azione di riqualificazione ambientale, che si è concretizzata nelle oltre 100.000 piante messe a dimora grazie agli 8 progetti finanziati dal Decreto Clima nelle annualità 2020 e 2021 e nelle 200.000 in corso di piantagione con l’annualità 2022 della Missione 4.2.3.1 del PNRR. Senza dimenticare le ulteriori 50.000 piantine, di cui la Città metropolitana ha coordinato la messa a dimora grazie al protocollo di intesa sul verde urbano stipulato nel 2019 con Ministero per l’Ambiente, Regione Piemonte e Città di Torino e attraverso progetti di associazioni private come Azzero Co2, Rete Clima ed Arbolia Snam.
Il Vicesindaco metropolitano, Jacopo Suppo, annuncia con soddisfazione che “nel 2026 si arriverà alla quota di 1 milione di piante e a circa 850 ettari di territori rinaturalizzati: un risultato considerevole, che il nostro Ente ha raggiunto grazie alla consolidata esperienza e organizzazione tecnica e amministrativa in materia di gestione di grandi progetti, ma anche grazie alla sinergia con il DISAFA dell’Università di Torino, le Direzioni Foreste, Biodiversità, Aree protette e Demanio Idrico della Regione Piemonte, l’Istituto per le Pianteda Legno e l’Ambiente, la SMAT e una trentina di Comuni sensibili alle tematiche del contrasto ai cambiamenti climatici e all’inquinamento dell’aria”.

650.000 PIANTE IN 5 AMBITI TERRITORIALI

I 5 ambiti territoriali per i quali è stato ottenuto a fine 2023 il nuovo finanziamento del MASE sono in parte già coinvolti nei precedenti interventi. Nel dettaglio sono stati finanziati i progetti:
- torrente Stura - Comuni di Borgaro e Torino e SMAT, con la riforestazione dell’area del lago Villaretto, del parco Chico Mendes e dell’area SMAT Stura, per una spesa di 4.515.000 euro
- torrente Chiusella e fiume Dora Baltea - Comuni di Montalto Dora e Pavone Canavese e in aree del Demanio regionale, con il ripristino dei corridoi ecologici del Chiusella e della Dora Baltea, per una spesa di 2.881.000 euro
- torrente Orco - Comuni di Foglizzo, Montanaro, San Benigno e aree del Demanio regionale, con il ripristino del corridoio ecologico dell’Orco, per una spesa di 6.450.000 euro
- Alta Valle di Susa - Comuni di Salbertrand, Sauze di Cesana. Chiomonte ed Exilles, con il ripristino di boschi danneggiati da valanghe in alta Valsusa, per una spesa di 2.365.000 euro
- fiume Po - ripristino del corridoio ecologico in aree del Demanio Regionale e del Parco del Po nel tratto tra Chivasso e il confine con la provincia di Vercelli, per una spesa di 7.009.000 euro.


PER APPROFONDIRE

Interventi nelle aree fluviali e perifluviali

Per quattro progetti si tratta di intervenire su aree molto estese limitrofe ai corsi d’acqua dello Stura, del Chiusella, della Dora Baltea, dell’Orco e del Po, lungo i quali verranno ricostruiti ambiti fluviali infestati da specie esotiche invasive come la zucca matta (Sycios angulatus), la reinutria (Reynoutria/Fallopia japonica), il falso indaco (Amorpha fruticosa) e la robinia (Robinia pseudoacacia), che ne hanno modificato e degradato la composizione floristica. La scelta dei siti di intervento ha privilegiato, tra le aree disponibili in prevalenza del Demanio idrico regionale e in minor misura di alcuni Comuni che ne hanno concessa la disponibilità, quelle che per posizione, accessibilità, caratteristiche del suolo e frammentazione fondiaria pongono maggiori difficoltà alla gestione agricola. Le aree oggetto degli interventi risultano ex seminativi e impianti di arboricoltura da legno abbandonati, infestati da una vegetazione erbacea, arbustiva e arborea non autoctona. I progetti hanno lo scopo di ripristinare il bosco originario planiziale e ripariale, costituito da Pioppo bianco e nero (Populus alba e nigra), Salice arboreo (Salix alba) e arbustivo (Salix purpurea, triandra, eleagnos) e Ontano nero nelle aree più umide limitrofe ai corsi d’acqua e Querce (Quercus robur e cerris), Ciliegi selvatici (Prunus avium e padus), Olmo (Ulmus laevis), Acero campestre (Acer campestre), Sorbo (Sorbus torminalis) con sottobosco costituito da cespugli di Nocciolo (corylus avellana) Biancospino (Crataegus monogyna), Ligustro (Ligustrum vulgare), Evonimo o Berretta da prete (Evonimus europaeus), Viburno (Viburnum lantana), Sanguinello (Cornus sanguinea), Melo selvatico (Malus sylvestris).
L’obiettivo generale dei progetti è quindi quello di consolidare il ruolo fondamentale nell’ambito della Rete Ecologica svolto dai terreni immediatamente prossimi alle aree protette ad elevato valore ecologico, riconosciute dagli strumenti di pianificazione metropolitana e regionale.
Gli obiettivi specifici, coerenti con i Piani di Gestione dei siti Rete Natura 2000 e con gli strumenti di pianificazione delle aree protette, sono legati alla tutela della biodiversità, in un’ottica di riqualificazione dell’ambito perifluviale. L’impianto di specie che appartengono alla vegetazione naturale potenziale mira a incrementare le funzionalità ecologiche dell’ambiente golenale, il suo ruolo come infrastruttura verde e blu a scala territoriale, la qualità paesaggistica e in generale l’offerta di servizi ecosistemici di regolazione.
Tra gli strumenti di pianificazione territoriale e paesaggistica che interessano le aree oggetto di intervento sono presenti il Piano Territoriale Regionale, il Piano Paesaggistico Regionale (PPR) e il Piano Territoriale di Coordinamento della Città metropolitana di Torino. Gli ambiti di intervento sono interessati principalmente dal PPR che, oltre a riconoscere i corridoi fluviali come elementi strutturali della Rete di connessione paesaggistica, segnala come emergenza fisico-naturalistica il paesaggio fluviale e i relativi ambienti seminaturali delle confluenze, in quanto caratterizzano il territorio con ambienti di elevato interesse naturalistico e paesaggistico. Sottolineandone la necessità di tutela, il PPR ne evidenzia il forte rischio di squilibrio ecologico e di perdita di identità del paesaggio, a causa della pressione dovuta all’agricoltura e alla vicinanza di strade e ferrovie. Il PPR sottolinea come situazioni di vulnerabilità o direttamente critiche: la disconnessione e frammentazione della rete ecologica, con la progressiva chiusura dei collegamenti tra la rete fluviale e la pianura; la perdita di biodiversità, legata all’agricoltura intensiva a mais, soprattutto in aree di particolare fragilità, con la relativa banalizzazione del paesaggio; il pascolo erratico incontrollato di grandi greggi, che danneggia la vegetazione riparia e le colture; il degrado e la distruzione dei relitti lembi di boschi planiziali a querco-carpineto per eliminazione diretta o per inquinamento antropico e, in generale, una gestione non sostenibile, con taglio a scelta commerciale e con prelievo indiscriminato dei grandi alberi nei boschi, soprattutto delle riserve di querce a fustaia, con utilizzazioni a cura di personale non specializzato. Ulteriori problematiche evidenziate nelle zone fluviali e planiziali riguardano la diffusione di specie esotiche, sia arboree come Ciliegio tardivo (Prunus serotina) e Quercia rossa (Quercus rubra), sia arbustive come Amorpha fruticosa, Buddleja speciosissima, Solidago gigantea, Erigeron canadensis, sia erbacee come Sicyos angulatus e Reynoutria japonica. Tali specie causano problemi nella gestione degli ambienti forestali, in particolare per la rinnovazione delle specie locali spontanee. Ma anche il disseccamento degli alvei fluviali in estate e condizioni di stress idrico per le zone a bosco ripario e planiziale, dovute all’abbassamento generalizzato delle falde, con conseguenti diffuse morìe della vegetazione arborea, causate da prelievi eccessivi per usi irrigui e contemporanei deficit di precipitazioni. Tra gli indirizzi e gli orientamenti strategici che il PPR richiede ai diversi soggetti istituzionali competenti di adottare per gli aspetti di tipo naturalistico vi sono la creazione di nuovi boschi paranaturali con specie idonee, con priorità per le terre a seminativi, in particolare a contatto con boschi relitti e nelle zone golenali, aree protette e Siti Natura 2000 per ridurne l’insularizzazione; in zone fluviali soggette alla regolamentazione del Piano di Assetto Idrogeologico in fascia A e in particolar modo nelle aree a rischio di asportazione di massa, il mantenimento di popolamenti forestali giovani, che possano fungere da strutture rallentanti il flusso d’acqua in casse di espansione e che nel contempo, in caso di fluitazione, non formino sbarramenti contro infrastrutture di attraversamento.
Il PTC2, in approfondimento e attuazione della rete ecologica regionale, ha individuato a sua volta la Rete Ecologica Provinciale che, soprattutto sfruttando i corridoi fluviali, collega tra loro le aree di maggior valore naturalistico. Gli ambiti oggetto di intervento rientrano nella REP in quanto corridoi fluviali e anche area protetta per ciò che concerne il fiume Po, rivestendo un ruolo di particolare importanza dal punto di vista ecologico, oltre che da quello naturalistico e paesaggistico, di cui la normativa di Piano prescrive non solo la preservazione, ma anche la valorizzazione e l’implementazione.

Interventi in aree soggette a valanghe

In alta Valle di Susa l’intervento riguarderà aree boscate danneggiate da fenomeni valanghivi nei Comuni Chiomonte, Exilles sulla valanga Verger-Ruinas, Salbertrand sulla valanga Moncellier e Sauze di Cesana sulla valanga Bessen. La forestazione delle aree di distacco di valanghe, unita alla protezione del postime con cavalletti in legno, ha lo scopo di mitigare il rischio di distacco di valanghe storiche e ricorrenti, che costituiscono un pericolo per le infrastrutture del fondovalle, garantendo al tempo stesso un incremento della superficie forestale attivamente gestita, una migliore connessione ecologica a livello di versanti, una implementazione delle foreste di protezione diretta, a vantaggio della sicurezza del territorio. Le aree di intervento sono suddivise in 3 siti che a loro volta possono essere caratterizzati da aree disgiunte, di proprietà comunale, tutte localizzate all’interno del perimetro di valanghe storiche e ricorrenti, censite e documentate da ARPA Piemonte nel Sistema Informativo Valanghe (SIVA). Le aree di forestazione sono state scelte in funzione della pericolosità della valanga e del rischio nei confronti delle infrastrutture di fondovalle (centri abitati, strade aperte al transito veicolare). Si tratterà di un ripristino dei siti forestali con reimpianto di specie tipiche dei piani montani interessati: su quelli a maggior altitudine verranno reimpiantati il Larice (Larix decidua), il Pino cembro (Pinus cembra), l’Acero montano (Acer pseudoplatanus) ed il Ginepro (Juniperus communis); a quote inferiori la Roverella (quercus pubescens), il ciliegio selvatico (Prunus avium) il Frassino (Fraxinus excelsior) il Castagno (Castanea sativa), il sorbo montano ed il sorbo degli uccellatori (Sorbus aria ed aucuparia) con sottobosco di Biancospino (Crataegus monogyna), Sanguinello (Cornus sanguinea) e Ligustro (Ligustrum vulgare).

Tutti gli interventi verranno supportati a livello scientifico dal Dipartimento di Scienze agrarie forestali ed alimentari dell’Università di Torino, con cui è in atto una convenzione riguardante l’annualità 2022 del PNRR e, a livello operativo, dalla Regione Piemonte e dall’Istituto per le Piante da Legno e l’ambiente di Torino, che ha già collaborato alla prima fase di candidatura degli studi di fattibilità tecnico-economica e con cui è in corso di predisposizione un accordo.

PNRR TO05 Fiume Dora Baltea ambiti di riforestazione Montalto