Tutela fauna e flora
Per vivere adeguatamente, la maggior parte dei pesci che solcano i corsi d'acqua hanno bisogno di potersi spostare da un ambiente ad un altro, sia per alimentarsi che per cercare aree idonee alla riproduzione. Alcune specie possono compiere migrazioni di migliaia di chilometri. Le anguille, ad esempio, nascono nel mare dei Sargassi e, grazie alle correnti oceaniche, arrivano fino alle coste europee e nord-africane. Molte di loro passano lo stretto di Gibilterra, entrano nel mar Mediterraneo e risalgono i corsi d'acqua. Fino ad alcune decine di anni fa risalivano il Po anche a monte di Torino, dove crescevano per alcuni anni e poi ripercorrevano il tragitto inverso per potersi riprodurre. La trota marmorata nel corso dell'anno compie invece due spostamenti verso monte. Il primo durante il periodo primaverile, quando i Ciprinidi reofili (barbi, vaironi e cavedani ad esempio) di cui si ciba vanno alla ricerca di aree idonee alla riproduzione, nelle zone prossime agli sbocchi vallivi, per poi tornare nelle buche più profonde a valle verso la fine del mese di giugno. Il secondo spostamento avviene nei mesi di settembre e ottobre, alla ricerca di tratti di corso d'acqua caratterizzati da ghiaia di medie dimensioni, dove le trote marmorate possonodeporre le uova.In Italia l’impossibilità di compiere queste migrazioni è all’origine del rischio di estinzione che stanno correndo alcune specie ittiche. Le migrazioni sono di fondamentale importanza per il mantenimento del ciclo riproduttivo e dunque per la sopravvivenza stessa dei pesci. Alcune opere costruite dall'uomo, ad esempio le soglie a valle dei ponti e le traverse per captazioni irrigue o idroelettriche, creano forti dislivelli tra i tratti a monte e a valle, interferendo negativamente con gli spostamenti dei pesci.
Proprio per mitigare gli effetti negativi di queste barriere la Legge regionale 37 del 2006 e altri provvedimenti successivi prevedono la realizzazione di opere che permettano ai pesci di oltrepassare i dislivelli. Le scale di risalita per l’ittiofauna suddividono l'intero dislivello in tanti piccoli salti di 20-25 centimetri ciascuno, intervallati da buche, che consentono ai pesci di riposarsi e di riprendere lo slancio necessario a proseguire verso monte.
Nel 2018 la Direzione Viabilità 2 della Città Metropolitana di Torino stava operando per la messa in sicurezza del ponte della Strada Provinciale 139, che collega Vigone a Villafranca Piemonte, a valle del quale è presente una soglia realizzata per mitigare l’azione erosiva del torrente sulle opere di fondazione del ponte. La soglia evidenziava essa stessa problemi erosivi sul lato a valle. Nello stesso periodo il Servizio Risorse idriche-settore Tutela delle acque della Regione Piemonte ha indetto un bando per l'assegnazione di fondi per la riqualificazione dei corsi d'acqua dal punto di vista ecologico.
Gli sforzi congiunti della Direzione Risorse idriche e tutela dell'atmosfera, della Funzione specializzata tutela fauna e flora e della Direzione Progetti integrati con gli Enti locali della Città metropolitana di Torino (tutti facenti parte del gruppo interdipartimentale “Natura”), in stretta collaborazione con la Direzione Viabilità 2 hanno portato alla messa in sicurezza e alla protezione della soglia a valle del ponte e alla progettazione e realizzazione di una scala di risalita per la fauna ittica integrata nell’opera di protezione.
“L’operazione realizzata a Villafranca Piemonte è un bell’esempio della capacità dei dirigenti, dei funzionari e del personale delle diverse direzioni del nostro Ente di fare squadra, lavorando a vantaggio del territorio e mettendo in campo le proprie competenze e la propria professionalità” commentano con soddisfazione il Vicesindaco metropolitano Marco Marocco, la Consigliera delegata all’ambiente e alla tutela della fauna e della flora Barbara Azzarà e il Consigliere delegato ai lavori pubblici Fabio Bianco.

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Sono stati recuperati nel pomeriggio dal personale della Polizia locale della Città metropolitana di Torino i cinque cuccioli di cinghiale che si aggiravano da tempo nel parco di San Vito a Torino. Gli animali sono stati affidati ad un centro specializzato convenzionato con la Città metropolitana di Torino, dove saranno svezzati e sterilizzati, per poi essere condotti in un centro faunistico individuato dalla Città di Torino."I cinghiali sono da tempo oggetto di piani di contenimento e anche i piccoli recuperati oggi non possono essere reimmessi nell'ambiente naturale. - sottolinea Barbara Azzarà, Consigliera metropolitana delegata all'ambiente e alla tutela della fauna e della flora - Nel caso specifico, la sterilizzazione è la soluzione meno cruenta tra quelle praticabili". "Suscita tenerezza vedere i piccoli di cinghiale correre nei prati, ma i problemi che gli esemplari adulti creano ogni giorno non possono essere sottovalutati. - prosegue la Consigliera Azzarà – L'eccessiva presenza dei cinghiali nei territori rurali e periurbani provoca ingenti danni alle colture agricole ed è all'origine di incidenti stradali anche gravi. Per questo rinnoviamo l'invito ai cittadini che abitano in zone rurali e collinari a non lasciare cibo a disposizione degli ungulati, né intenzionalmente né per errore o dimenticanza. È bene ricordare che lasciare cibo a disposizione dei cinghiali è una violazione delle normative sulla fauna selvatica, perseguita dalla legge".
"I cuccioli di animali, di qualunque specie essi siano, smuovono in tutti noi un istinto protettivo, che ci induce a credere che dar loro del cibo non possa creare difficoltà di nessun genere. - dichiara l'Assessore all'Ambiente della Città di Torino, Alberto Unia - Bisogna invece ricordare che questi atteggiamenti potranno portare problematiche di vario genere, a volte anche pericolose, a cui bisognerà successivamente dare soluzione. La tutela degli animali e il loro benessere è stato un elemento costante nelle politiche di questa amministrazione e anche in questo caso si è deciso di intervenire individuando una soluzione che garantisse ai cinque cinghialotti di poter continuare a crescere in un luogo sicuro e ampio, anziché adottare soluzioni più estreme e cruente".
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I veterinari del CANC, il Centro Animali Non Convenzionali dell'Università degli Studi di Torino, in seguito ad una segnalazione di un cittadino, sono intervenuti ieri mattina a liberare un capriolo che correva spaventato in un giardino di via Pianezza a Torino.
L’animale, un esemplare adulto in buone condizioni di salute, dopo essere stato catturato e visitato è stato trasportato e messo in libertà in un luogo idoneo.
L’intervento rientra tra le azioni previste dalla convenzione attivata dalla Città metropolitana di Torino, che vede l'impegno diretto della Struttura didattica speciale Veterinaria dell'Università di Torino per il recupero in campo della fauna selvatica.
Il CANC ha sede in largo Braccini 2 a Grugliasco e cura il servizio per conto della Città Metropolitana.
Il servizio “Salviamoli Insieme on the road” è attivo 24 ore su 24 sulle linee telefoniche 349-4163385 e 3666867428.
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I veterinari del CANC il centro animali non convenzionali della Università degli studi di Torino sono intervenuti domenica mattina 21 marzo in collaborazione con l'ASL zonale di Torino nella zona compresa fra il casello di Bruere della tangenziale e l'imbocco della autostrada del Frejus per catturare un capriolo che era stato investito e cercava di allontanarsi correndo su due zampe fatturate.È stato fermato il traffico sull’autostrada in un punto molto complesso che presenta numerosi svincoli e le auto, seppure in numero ridotto, erano comunque presenti sul tratto stradale.
Il capriolo è stato trasportato al CANC di Grugliasco per essere curato.
L'intervento rientra all'interno della convenzione attiva tra Città metropolitana di Torino e l'università di Torino denominata Salviamoli insieme on the road
"E' un progetto di cui Città metropolitana di Torino va fiera; ringrazio i veterinari del CANC che lavorano con passione e si impegnano in interventi spesso delicati e difficili" commenta la consigliera metropolitana delegata all'ambiente e alla tutela di flora e fauna Barbara Azzarà.
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Nella serata di giovedì 18 marzo il presidente degli ATC 1 e 2, Paolo Pelle, ha recuperato uno Sciacallo dorato (Canis aureus), vittima di un investimento stradale sulla Provinciale 565 di Castellamonte a Strambinello. La Funzione specializzata Tutela della Fauna e della Flora della Città Metropolitana di Torino ha successivamente preso in consegna la carcassa dell'animale e l’ha consegnata alla Facoltà di Medicina Veterinaria Veterinaria dell’Università di Torino, dove il professor Ezio Ferroglio ha eseguito l’esame autoptico. Lo sciacallo è risultato essere un giovane maschio dell’età di circa un anno e del peso di 11,5 chilogrammi, che presentava una frattura del bacino e degli arti anteriori riconducibili ad un impatto con un'autovettura.Lo Sciacallo dorato è da considerare ormai una specie autoctona, in quanto arrivata spontaneamente sul nostro territorio. Il primo avvistamento certo risale al 1984 nell'estremo est della penisola, ma la specie si è progressivamente espansa in tutta la parte settentrionale del Paese, arrivando fino al Piemonte. Da alcuni mesi nella pianura alessandrina, nei pressi di Valenza Po, un esemplare viene monitorato con le fototrappole dai guardaparco del Parco del Po. In Italia si stima una popolazione di circa 200 individui. Lo sciacallo è poco più grande di una volpe e la sua dieta è composta per la maggior parte da scarti, rifiuti e carcasse di animali, mentre una parte residuale della dieta è costituita da topi ed arvicole.
“Ringraziamo tutti coloro che hanno avuto un ruolo nel ritrovamento dell’animale investito nei pressi di Strambino – sottolinea Barbara Azzarà, Consigliera metropolitana delegata alla tutela della fauna e della flora – Si tratta di un evento importante ai fini dello studio della fauna selvatica nel nostro territorio”.
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È stata affidata alle cure dei sanitari del Centro Animali Non Convenzionali di Grugliasco, la Volpe femmina recuperata martedì 9 marzo a Chivasso da un tecnico dello stesso CANC mentre si aggirava spaurita e in cattive condizioni tra i binari dello scalo ferroviario. Ad un primo esame l’animale, la cui presenza sui binari era stata segnalata da alcuni cittadini, presentava una congiuntivite purulenta bilaterale, era affetto da una grave disidratazione e da mioclonie, cioè da contrazioni muscolari involontarie. Solo l’esito degli accertamenti e delle cure a cui viene sottoposto al Centro Animali Non Convenzionali di Grugliasco potrà stabilire se l’animale sarà in grado in futuro di tornare a vivere in natura.“Dobbiamo ringraziare gli operatori e i sanitari del CANC per la loro preziosa opera, che, oltre a tutelare la fauna selvatica, valorizza il ruolo dei cittadini che segnalano le situazioni di pericolo in cui possono venirsi a trovare gli animali, anche in contesti urbani” sottolinea la Consigliera metropolitana delegata alla tutela della fauna e della flora, Barbara Azzarà.
Il salvataggio della Volpe a Chivasso rientra tra gli interventi previsti dalla convenzione attivata dalla Città Metropolitana, che vede l'impegno diretto della Struttura didattica speciale Veterinaria dell'Università di Torino per il recupero in campo della fauna selvatica, oltre che del personale della Funzione specializzata tutela fauna e flora della Città metropolitana.
Il CANC ha sede in largo Braccini 2 a Grugliasco e cura il servizio per conto della Città Metropolitana. Il servizio “Salviamoli Insieme on the road” è attivo 24 ore su 24 sulle linee telefoniche 349-4163385 e 3666867428.

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A seguito della positiva esperienza avviata con il Banco Alimentare, la Città Metropolitana di Torino intende stilare un nuovo elenco di Enti non lucrativi di utilità sociale dediti all’assistenza alimentare, a cui conferire capi di selvaggina prelevati nelle operazioni di controllo faunistico ad opera degli agenti faunistico-ambientali dell’Ente. A tal fine è stato pubblicato un avviso di selezione pubblica, alla quale i soggetti interessati possono chiedere di partecipare. Gli elenchi saranno validi e saranno modificabili sino alla scadenza dei Piani di contenimento cui si riferiscono, qualora altri soggetti che posseggano i requisiti intendano manifestare interesse ad essere inclusi.Barbara Azzarà, Consigliera metropolitana delegata all’ambiente e alla tutela della fauna e della flora, precisa che “gli animali abbattuti nell’ambito dei piani di contenimento faunistico sono patrimonio indisponibile dello Stato. Se sono idonee dal punto di vista sanitario, le carni devono essere valorizzate commercialmente con procedure ad evidenza pubblica o destinate a fini di pubblica utilità, se si reperiscono sul territorio esercizi commerciali o Enti benefici idonei al loro ritiro”.
Potranno partecipare alla selezione gli Enti del Terzo Settore come definiti dal Codice che regola la materia, regolarmente costituiti a norma di legge e dotati di uno Statuto conforme ai requisiti indicati nel Codice stesso.
Gli Enti interessati al ritiro e presenti nell’elenco approvato potranno stipulare una convenzione con la Città Metropolitana per il ritiro dei capi presso un macello autorizzato di loro fiducia, al quale gli agenti conferiranno i capi abbattuti. Il macello si incaricherà della lavorazione del prodotto e degli accertamenti sanitari. Le carni dovranno essere destinate a strutture dedite all’assistenza alimentare di persone in stato di difficoltà e bisogno.
Gli Enti interessati a comparire nell’elenco possono presentare una dichiarazione di interesse a rispondere all’avviso. Dovranno inoltre dichiarare di impegnarsi a destinare tutti i capi ricevuti a titolo non oneroso per finalità di promozione sociale e presentare una dichiarazione sostitutiva di atto notorio che relazioni sulle attività svolte nel corso dell’ultimo anno.
Le manifestazioni di interesse, datate e firmate digitalmente dal rappresentante legale, dovranno essere inviate al Dipartimento Sviluppo Economico-Funzione Specializzata Tutela Fauna e Flora della Città Metropolitana di Torino, esclusivamente tramite PEC all’indirizzo protocollo@cert.cittametropolitana.torino.it
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Garantire la purezza genetica del temolo adriatico, specie ittica autoctona un tempo presente negli affluenti alpini del Po, ma ora, secondo le ultime stime, limitata al tratto del più importante fiume italiano che va da Revello a Torino, al tratto di pianura del Pellice sino alla confluenza nel Po a Villafranca Piemonte e ad alcuni tratti della Sesia e dell’Adige. È questo lo scopo del monitoraggio genetico che la Funzione Specializzata Tutela fauna e flora della Città Metropolitana di Torino sta realizzando nel territorio di propria competenza in collaborazione con l’Associazione per la tutela degli Ambienti Acquatici e l’Ittiofauna, i pescatori dei Consigli di Valle di Torino e l’associazione degli Amici del Po.“Il Temolo Adriatico è considerato come specie a rischio critico di estinzione dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura. - precisa Barbara Azzarà, Consigliera metropolitana delegata alla tutela della fauna e della flora - Gli esiti dell’indagine genetica costituiranno la premessa scientifica per future iniziative di tutela della specie, che ne evitino la scomparsa e la sostituzione da parte di specie non autoctone introdotte nei corsi d’acqua della Pianura Padana, come il Temolo europeo”.
L'indagine viene effettuata prelevando agli individui una piccolissima porzione di pinna, che verrà analizzata dai ricercatori di Genetica della conservazione della Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige, in provincia di Trento.
Il prelievo degli esemplari non è un’operazione cruenta, perché i pochi temoli catturati con l'elettropesca vengono trattati con la massima cautela per evitare loro sofferenze. Il prelievo dei frammenti di pinna è veloce e subito dopo gli animali vengono liberati nel fiume. L’analisi del DNA estratto dai campioni di tessuto raccolti consente di stabilire la purezza genetica degli esemplari.
Nel caso la popolazione risultasse effettivamente pura, saranno indispensabili quelle azioni di tutela già realizzate nei corsi d’acqua della Città Metropolitana di Torino per la trota marmorata e per la trota fario mediterranea. Ovviamente, da sola la tutela della purezza genetica della specie e la prevenzione delle ibridazioni non bastano. Occorre tutelare gli habitat della specie, garantire la possibilità degli esemplari di spostarsi nei corsi d’acqua senza incappare in briglie e sbarramenti e contrastare i predatori come i cormorani. La fecondazione artificiale di uova consente inoltre di tutelare la popolazione dal punto di vista numerico, riducendo le elevatissime mortalità naturali dei primi stadi di sviluppo.
“Quello del temolo adriatico è un tesoro naturalistico la cui difesa non deve interessare solo ai pescatori, - sottolinea la Consigliera Azzarà - perché la biodiversità è un patrimonio dell’intera collettività”.

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Allertati dalla segnalazione degli addetti alla centrale idroelettrica IREN di Chiomonte, nella mattinata di venerdì 19 febbraio gli agenti della Polizia Metropolitana hanno recuperato un giovane capriolo maschio che era caduto nel canale di alimentazione della centrale, in località Ramat. La delicata e complessa operazione è stata portata a termine dagli agenti della Città Metropolitana con la collaborazione del personale del Comprensorio Alpino TO2 Alta Valle Susa.L’animale selvatico non era più in grado di risalire le pareti in cementodel canale e rischiava di finire nella condotta forzata che porta l’acqua alle turbinedella centrale.Dopo il recupero il capriolo, fortunatamente in buono stato disalute, è stato reimmesso subito in libertà nell’ambiente naturale.

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Stanno attendendo solo che la temperatura si addolcisca ancora un po’ e che, magari, una pioggerellina li induca a lasciare i luoghi di svernamento e a mettersi in cammino verso quelli di riproduzione: sono i rospi, che ogni anno rischiano di finire schiacciati dalle auto mentre attraversano le strade provinciali delle zone rurali per raggiungere le zone umide in cui, a fine inverno e alle porte della primavera, le femmine depongono le uova. Quest’anno, grazie alle temperature miti dei primi giorni di febbraio accompagnate da abbondanti precipitazioni, si è assistito, in alcuni siti, ad un iniziale movimento di pochi esemplari, che si è però bruscamente fermato a causa del drastico calo delle temperature verificatosi nel secondo fine settimana del mese.Ormai da 11 anni, la Funzione specializzataTutela Fauna e Flora della Città Metropolitana di Torino affronta con successo quella che si può considerare come una vera e propria emergenza faunistica: la strage di cui rischiano di essere vittime migliaia di rospi.
Alla fine dell’inverno, gli anfibi partono dai luoghi riparati in cui svernano in stato di ibernazione e raggiungono gli stagni in cui si riproducono, approfittando delle temperature più miti e delle piogge che aumentano l'umidità dell'atmosfera, creando le condizioni ambientali favorevoli a dare l’avvio alla migrazione di massa; migrazione che raggiunge appunto l'apice nelle serate più umide e piovose.Tra andata e ritorno dai siti di riproduzione, l’esodo si protrae per circa un mese, perché, terminata la fase riproduttiva, gli anfibi ritornano verso i boschi da cui sono partiti.
DOVE E COME SI INTERVIENE
La costruzione di strade e abitazioni e delle infrastrutture connesse ha in molti casi eliminato le aree umide che hanno un’importanza vitale per la specie, oppure ha creato barriere e ostacoli che impediscono o complicano gli spostamenti verso i siti di riproduzione.
“Gli interventi realizzati dalla Funzione specializzata Tutela Fauna e Flora per salvaguardare i rospi variano a seconda delle zone, delle caratteristiche degli ostacoli e dei pericoli a cui gli anfibi vanno incontro. - spiega Barbara Azzarà, Consigliera metropolitana delegata alla Tutela della fauna e della flora - Sulle strade intensamente trafficate e con spazi di manovra ristretti, l’unica azione possibile è la sistemazione di cartelli che segnalano agli automobilisti la presenza dei rospi, invitandoli a moderare la velocità. In luoghi meno pericolosi per gli operatori, vengono collocate reti, la cui funzione originaria era di indirizzare i rospi verso sottopassi, già esistenti o creati ad hoc”.L’esperienza degli ultimi anni ha insegnato al personale di vigilanza faunistico-ambientale della Città Metropolitana che, in molti casi i “rospodotti” sono poco attraenti per gli anfibi, a causa del loro diametro insufficiente, della difficoltà di convogliarli al loro interno e della loro riluttanza a imboccarli.Dove vi sono sottopassi stradali di ampie dimensioni adibiti allo scolo o alla raccolta delle acque piovane, si è notato che i passaggi vengono effettivamente utilizzati. “Infatti, - aggiunge la Consigliera Azzarà - dove i rospodotti non svolgono appieno la loro funzione, tocca agli operatori spostare manualmente gli animali da un lato all'altro della strada. L’operazione è comunque agevolata dalla presenza delle reti”.
Negli anni, i siti di intervento sono cambiati. Il numero di animali è calato in maniera drastica a San Giorio di Susa e a Rivarossa, dove la migrazione non ha quasi più luogo. In altre località si registra una maggior attenzione dei cittadini verso la tutela dei rospi: ad esempio nella zona collinare di Torino.
I siti “storici” in cui la Città metropolitana interviene e collabora alle operazioni di salvaguardia da un decennio sono ancora attivi, grazie al contributo di numerosi volontari. Ad esempio, nel lago Gurzia, che appartiene ai territori dei Comuni di Vistrorio e Vidracco, convergono migliaia di anfibi provenienti dalle vicine colline. Per la loro tutela si attivano i volontari del Circolo Chiusella Vivo, il Comune di Vidracco, le guardie venatorie volontarie e privati cittadini.A Pertusio un gruppo di volontari sposta e salva ogni anno mille e più esemplari, mentre a Rosta operatori istituzionali, coadiuvati da cittadini, soccorrono centinaia di esemplari su un tratto stradale su cui, a causa di un traffico intenso e veloce, si verifica una mortalità molto elevata. Il successo delle operazioni e della riproduzione dei rospi dipende, come detto, dalle condizioni climatiche. Quello che è certo è che si è fatta strada tra i cittadini la consapevolezza dell'importante ruolo di una specie che è una vera e propria “sentinella vivente” dello stato di salute degli ambienti e contribuisce al mantenimento degli equilibri ecologici e al contenimento delle popolazioni di insetti nocivi per le colture agricole.

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