Tutela fauna e flora
A Rochemolles di Bardonecchia nei giorni scorsi si è conclusa nel migliore dei modi l'operazione di cattura di uno Stambecco (Capra ibex il nome scientifico) proveniente dal Dipartimento francese delle Hautes-Alpes, effettuata dagli agenti faunistico-ambientali del Servizio Tutela fauna e Flora della Città Metropolitana di Torino.
L’esemplare maschio denominato “Dimanche” era stato catturato e dotato di un radiocollare per la prima volta nel maggio del 2015, quando aveva cinque anni, nella zona del Colle del Lautaret che, nel Briançonnais, segna il confine tra i Comuni di Villar-d'Arêne e di Monêtier-les-Bains. La cattura e il posizionamento del radio collare a scopi scientifici era stata effettuata dal personale di vigilanza del Parc National des Ecrins, nell’ambito del progetto di studi Alcotra Lemed-Ibex, cofinanziato dall'Unione Europea ed esteso dal Lac Léman (Lago di Ginevra) al Mediterraneo. Il progetto, a cui collabora la Città Metropolitana di Torino, prevede appunto una serie di catture per il posizionamento di collari e per l’effettuazione di prelievi genetico-sanitari su alcune centinaia di esemplari delle principali colonie presenti sul versante francese e su quello italiano delle Alpi Occidentali. La durata massima delle batterie dei radiocollari è di tre o quattro anni: era pertanto era urgente la sostituzione della radio con un analogo apparecchio con le batterie cariche.
La cattura avviene con la telenarcosi, utilizzando un fucile lancia siringhe. L’operazione di sabato 9 giugno è stata effettuata nei pressi della diga di Rochemolles, a circa 2.300 metri di altitudine. Gli agenti faunistico-ambientali della Città Metropolitana di Torino hanno operato su richiesta del professor Luca Rossi della Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Torino, il quale ha gestito la parte sanitaria della cattura e della successiva liberazione. A coadiuvare gli agenti del Servizio Tutela Fauna e Flora sono intervenuti i Carabinieri Forestali delle stazioni di Bussoleno e Bardonecchia e due guardaparco del Parc National des Ecrins.
Lo studio degli spostamenti di “Dimanche” ha evidenziato un suo utilizzo del territorio anomalo rispetto alla consuetudine della specie, con un’elevata erraticità tra i territori alpini italiano e francese.
Come ricorda il Vicesindaco metropolitano Marco Marocco (che ha le deleghe all’ambiente e alla tutela della fauna e della flora), “nel 1994 l’allora Provincia di Torino avviò un progetto di ripopolamento denominato ‘Operazione Stambecco’, che ha consentito di reintrodurre nelle nostre vallate questo splendido animale, di cui a metà anni ’90 nelle aree esterne al Parco Nazionale del Gran Paradiso erano rimasti solo pochi esemplari. Gli Stambecchi presenti una ventina di anni orsono nel nostro territorio si erano insediati nelle Valli di Lanzo, proveniendo appunto dal Gran Paradiso. Oggi lo Stambecco è una presenza stabile e numericamente consistente in tutte le Alpi Occidentali”.
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Ieri mattina intorno alle 9 è giunta al Servizio Tutela Fauna e Flora della Città Metropolitana di Torino una richiesta di intervento da parte della centrale operativa dei Vigili del Fuoco di Torino per la cattura di un Capriolo che si aggirava nel parco del Valentino.L'animale si trovava in difficoltà lungo la riva del Po e i Vigili del Fuoco sono riusciti ad aiutarlo a risalire sulla sponda. Appena guadagnata la riva il Capriolo è riuscito a fuggire, aggirandosi tra gli stand del Salone dell'Automobile. Gli agenti faunistico-ambientali della Città Metropolitana, hanno trovato l’animale in un’area recintata, abitualmente frequentata (ma non il quel momento) dai padroni dei cani e dai loro animali. Utilizzando una lunga rete da cattura sono riusciti a bloccare l’animale e a richiuderlo in un’apposita cassa per il successivo trasporto.
L’animale era in ottimo stato di salute generale, anche se presentava alcune escoriazioni superficiali al naso e al labbro inferiore con un modesto sanguinamento. Le piccole ferite non hanno pregiudicato la successiva liberazione, avvenuta in area boschiva della collina torinese.
A CHI RIVOLGERSI QUANDO SI RINVENGONO ANIMALI FERITI O IN DIFFICOLTA’: IL PROGETTO “SALVIAMOLI INSIEME” DELLA CITTÀ METROPOLITANA
- Città Metropolitana di Torino-Servizio Tutela della Fauna e della Flora, corso Inghilterra 7, Torino, telefono 011-8616987, cellulare 349-4163347; dal lunedì al giovedì dalle 9 alle 14,30, il venerdì dalle 9 alle 13
- Centro Animali Non Convenzionali dell’Ospedale Veterinario della Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Torino, largo Braccini 2, Grugliasco, telefono accettazione 011-6709053 e 366-6867428. In orario notturno l’accesso avviene dal numero civico 44 di via Leonardo da Vinci.
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Domenica 17 giugno a Villafranca Piemonte il Parco del Monviso proporrà la giornata “Un tuffo e un giro sul Po” alla scoperta dell’ambiente fluviale attraverso laboratori ludico-didattici per approfondire la conoscenza degli animali e delle piante del fiume. L’iniziativa è organiozzata in collaborazione con la Città Metropolitana di Torino, che ha patrocinato l’evento. Le attività didattiche saranno coordinate dal Servizio Tutela Fauna e Flora della Città Metropolitana, con l’obiettivo di avvicinare le famiglie al fiume e al suo ecosistema spiegandone i segreti. Il laboratorio si svolgerà dalle 14,30 alle 17,30 nell’area attrezzata sul Po di Villafranca Piemonte. L’attività è gratuita e non necessita di prenotazione.Per informazioni: Parco del Monviso - Servizio Promozione, telefono 0175-46505 in orario d’ufficio, e-mail didattica@parcomonviso.eu
In mattinata chi lo desidera potrà scendere in gommone lungo il Po da Cardè a Villafranca Piemonte. per vivere il fiume da un’altra prospettiva. L’attività è adatta a tutti, è organizzata dall’associazione Amici del Po ed è a pagamento: 25 Euro per gli adulti e 10 per i bambini. Tutta l’attrezzatura sarà fornita alla partenza alle 9,30 a Cardè. All’arrivo a Villafranca sarà possibile pranzare al sacco (a carico dei partecipanti) nell’area attrezzata e poi partecipare ai laboratori. È possibile effettuare il rientro da Villafranca a Cardè in autonomia sul sentiero delle ochette (6 km circa) con una bella passeggiata lungo il fiume Po.
Per prenotazioni (obbligatorie per la discesa in gommone) e informazioni: Enrico Auxilia, telefono 328-0549652, e-mail enrico@freeflowkayak.it
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Da alcune settimane giungono al Servizio Tutela Fauna e Flora della Città Metropolitana di Torino segnalazioni di attacchi a passanti da parte di esemplari di Cornacchia grigia (Corvus cornix il nome scientifico), che si verificano in diversi quartieri del capoluogo.In questo periodo dell’anno i piccoli di Cornacchia grigia, giunti al termine del loro sviluppo, effettuano i primi voli di prova, cercando di allontanarsi dai nidi. Alcuni esemplari non riescono a volare e atterrano nelle vicinanze del luogo di riproduzione. Nonostante si trovino lontani dal nido, sono curati, alimentati e difesi dai genitori, che non esitano ad affrontare e attaccare animali e uomini che si avvicinano e sono ritenuti potenziali predatori dei piccoli. È questa la spiegazione degli attacchi subiti da alcuni cittadini torinesi.
Il periodo in cui il piccolo rimane a terra ed è potenzialmente a rischio non dura più di una settimana. Dopo di che riesce a spiccare il volo e i genitori si allontanano e cessano di sorvegliare la situazione e di cercare di scacciare i “predatori”.
Gli esperti del Servizio Tutela Fauna e Flora della Città Metropolitana di Torino consigliano ai cittadini che scorgessero un piccolo di Cornacchia grigia a terra di non toccarlo e di allontanarsi, per non suscitare allarme nei genitori, che sicuramente sono nelle vicinanze. Solo se il piccolo è in evidente stato di difficoltà, presenta ferite sanguinanti o fratture è bene contattare gli agenti faunistico-ambientali della Città Metropolitana.
A CHI RIVOLGERSI QUANDO SI RINVENGONO ANIMALI FERITI O IN DIFFICOLTA’: IL PROGETTO “SALVIAMOLI INSIEME” DELLA CITTÀ METROPOLITANA
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Terminata la fase di reinserimento nell’ambiente naturale in un luogo protetto, sono stati liberati in una zona boschiva di media montagna in località Cevrè (al confine tra i territori dei Comuni di Caprie e Condove) quattro giovani Caprioli che, circa un anno fa, erano stati portati da alcuni cittadini al CANC, il Centro Animali Non Convenzionali della Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università, convenzionato con il Servizio Tutela Fauna e Flora della Città Metropolitana di Torino. La liberazione è avvenuta in un ambiente idoneo al sostentamento naturale degli animali, lontano dai centri abitati e dalle colture agricole e di notevole valenza naturalistica. All’operazione era presente il Vicesindaco metropolitano, che ha le deleghe all’ambiente e alla tutela della fauna e della flora. Era presente anche il docente universitario Giuseppe Quaranta. Il Vicesindaco metropolitano e il professor Quaranta si sono poi recati a Cevrè per seguire da vicino le operazioni di liberazione degli animali, completate con successo dagli agenti faunistico-ambientali del Servizio Tutela Fauna e Flora della Città Metropolitana.I piccoli Caprioli erano stati sottratti inconsapevolmente alle cure della mamma ed erano giunti al Centro che ha sede a Grugliasco verso la fine del maggio 2017. Grazie alle cure dei veterinari del CANC, erano stati alimentati con latte di capra, il più simile a quello materno. A Grugliasco era iniziato il processo di svezzamento, limitando al massimo il contatto con gli esseri umani. Per completare lo svezzamento, i caprioli erano poi stati trasferiti in un centro di riambientamento a Caprie, in Valle di Susa, anch’esso convenzionato con il Servizio Tutela Fauna e Flora della Città Metropolitana di Torino. Tale centro dispone di una vasta area recintata di circa 5.000 metri quadrati. A Caprie gli animali hanno potuto acquistare il tipico comportamento della specie, contraddistinto da un’elevata diffidenza nei confronti dell’uomo.
Ad un anno di età i caprioli sono considerati sub-adulti. I maschi pesano dai 25 ai 28 Kg, le femmine intorno ai 20-22 Kg. Si cibano di germogli, boccioli e fieno.
Sono abbastanza frequenti i casi di cittadini che si rivolgono al Servizio Tutela Fauna e Flora o ai veterinari del Centro Animali Non Convenzionali di Grugliasco per consegnare piccoli di mammiferi e uccelli selvatici rinvenuti in zone rurali o montane. E’ bene sottolineare che, nella maggior parte dei casi, non si tratta di animali abbandonati dai genitori. I piccoli non devono essere sottratti alle cure della mamma, che spesso si aggira nei paraggi dei luoghi in cui vengono avvistati. Si deve intervenire solo quando i cuccioli sono in evidente difficoltà o sono feriti. Quando non sono in difficoltà, prelevarli significa compromettere la loro capacità di vivere nell’ambiente naturale, perché si rischia di innescare il meccanismo dell’imprinting: quegli animali perdono il loro naturale timore dell’uomo.
La Città Metropolitana di Torino, grazie al progetto “Salviamoli Insieme”, garantisce un importante presidio sul territorio per la tutela della fauna selvatica. Ma si tratta appunto di un servizio da allertare solo in caso di effettiva necessità. Gli animali in difficoltà devono essere ricoverati presso centri di riabilitazione e riambientamento convenzionati con la Città Metropolitana (nei quali si cerca di farli tornare alla loro naturale “selvaticità”) e, quando è possibile ed opportuno, liberati nel corso di operazioni complesse e delicate, eseguite da personale specializzato.
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I sanitari del CANC, il Centro Animali Non Convenzionali della Facoltà di Medicina Veterinaria di Torino, hanno dovuto prendere una difficile decisione: quella di procedere all’eutanasia di Wolverine, l’anziano Lupo maschio che era stato recuperato ferito il 22 dicembre scorso a Borgone di Susa dagli agenti del Servizio Tutela Fauna e Flora della città Metropolitana di Torino.L'animale era stato segnalato da alcuni cittadini mentre si aggirava nei pressi dell'abitato della località Costa ed era stato recuperato dagli agenti faunistico-ambientali, con un laccio da accalappiacani in loro dotazione. Era poi stato trasportato nella clinica veterinaria universitaria di Grugliasco, dove le radiografie avevano evidenziato due fratture, una all'anca e una alla zampa anteriore destra. L’esemplare anziano, del peso di 24 Kg, era probabilmente errante perché scacciato dal branco. Le radiografie avevano confermato che un impatto con un'autovettura aveva provocato le fratture. La riduzione chirurgica, immediatamente effettuata, aveva avuto buon esito sulla frattura all’anca, mentre quella all’arto anteriore, a causa di un accanimento dell'animale sui punti di sutura, era rimasta esposta. Le continue e attente cure del team universitario - sia clinici che ortopedici - coadiuvato dagli agenti del Servizio Tutela Fauna e Flora della Città metropolitana, hanno consentito di far procedere la rimarginazione dei tessuti. Purtroppo l'ultima radiografia ha evidenziato la necrosi dell'osso, il che ha indotto i medici a prendere una decisione sempre difficile.
“Dobbiamo comunque ringraziare i medici della Facoltà di Veterinaria e i nostri agenti per aver fatto tutto il possibile per salvare un esemplare di una specie che è tornata a popolare le nostre vallate alpine. – sottolinea Marco Marocco, Vicesindaco della Città metropolitana con delega alla tutela della fauna e della flora – Siamo consci dei problemi che la presenza del Lupo può creare alle attività zootecniche in quota, ma occorre sempre tenere presente che stiamo parlando di una specie che gode della massima tutela da parte della legislazione nazionale e comunitaria. Il ritorno del Lupo nelle Alpi Occidentali completa la catena alimentare naturale e testimonia la qualità ambientale del nostro ambiente montano”.
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Alle 12 di venerdì 16 marzo gli agenti faunistico-ambientali del Servizio Tutela della Fauna e della Flora della Città Metropolitana di Torino sono stati avvisati da un cittadino della presenza di un grosso uccello morto nel territorio del comune di Novalesa.Giunti sul posto gli agenti si sono trovati davanti ad un esemplare di Gipeto (“Gypaetus barbatus” è il nome scientifico) conosciuto anche come “Avvoltoio degli agnelli”, purtroppo deceduto. L'animale si trovava sotto una linea elettrica dell'alta tensione, il che fa ipotizzare che il decesso sia avvenuto in conseguenza di un impatto in volo dovuto alla scarsa visibilità. La folgorazione del Gipeto potrebbe anche essere stata causata dall’elevata apertura alare, che si avvicina ai 3 metri.
L’esame degli anelli inamovibili posti sulle zampe del volatile ha consentito di identificarlo: si tratta di Palanfrè, una femmina nata in cattività nel febbraio del 2004 nell'ambito del progetto internazionale di ripopolamento del Gipeto, promosso dalla Vulture Conservation Foundation. Una volta svezzata, la giovane femmina di Gipeto era stata liberata nei presso della borgata Palanfrè, nel territorio del Comune di Vernante, nella cuneese Valle Vermenagna. L’esemplare si era successivamente stabilito in Valle di Susa e lo si poteva notare sovente veleggiare sulle cime del gruppo del Rocciamelone.
Dopo gli esami autoptici, effettuati presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Torino, la femmina di Gipeto recuperata a Novalesa verrà preparata tassidermicamente, cioè imbalsamata.
Il Gipeto è il più grande rapace presente nelle Alpi Occidentali. È un Vulturide che si ciba di ossa, che porta a grandi altezze per poi farle cadere sulle rocce in modo da frantumarle e poterle ingoiare.
Il Vicesindaco metropolitano, Marco Marocco, delegato alla Tutela della Fauna e della Flora, sottolinea che “la presenza del Gipeto nelle nostre vallate è importante perché chiude il cerchio della catena alimentare, certificando il buono stato di salute ambientale delle Alpi Occidentali, che è anche il risultato del lavoro e della presenza pluridecennali del Servizio Tutela Fauna e Flora, della Provincia prima e della Città Metropolitana di Torino oggi”.
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Nelle prossime settimane, esaurita la fase di clima freddo, per l’ottavo anno consecutivo, il Servizio Tutela Fauna e Flora della Città Metropolitana di Torino attiverà una campagna di tutela dei rospi e delle rane durante la migrazione riproduttiva, grazie alla posa di barriere temporanee che li convogliano verso i “rospodotti”, piccole infrastrutture che consentono agli anfibi di evitare di essere schiacciati dagli autoveicoli quando attraversano le strade extraurbane. Le specie maggiormente coinvolte nella migrazione sono il Rospo comune, la Rana dalmatina e il Rospo smeraldino. I batraci vengono “convogliati” con apposite reti verso i rospodotti o verso strutture preesistenti, che consentono il superamento delle sedi stradali nel viaggio dai siti di svernamento agli abituali luoghi di riproduzione e nel ritorno. Le operazioni del Servizio Tutela Fauna e Flora vengono effettuate nei territori dei Comuni di Pertusio, Vidracco, Vistrorio, Rosta-Buttigliera Alta. A San Giorio di Susa è previsto esclusivamente il monitoraggio per valutare l’entità di un fenomeno migratorio che nei primi anni di intervento era importante mentre nell’ultimo triennio si è ridotto drasticamente.OTTO ANNI DI ESPERIENZA NEL SALVATAGGIO DEGLI ANFIBI
L’attività del Servizio Tutela Fauna e Flora è stata avviata sperimentalmente nel 2011 a San Giorio di Susa. Già dal secondo anno di attivazione il numero di siti coinvolti è aumentato, registrando il massimo nel 2013, con sette località. In otto anni l’elenco delle località interessate è cambiato, perché in alcune è venuta meno l’emergenza oppure perché in altre la popolazione era sovrastimata. L’andamento climatico generale dell’ultimo decennio, caratterizzato da inverni più miti, ha spostato il momento culminante della migrazione alla fine di febbraio-inizio di marzo. Anche nel 2018 la migrazione verrà monitorata con sopralluoghi serali. Il monitoraggio ha evidenziato realtà meritevoli di tutela, quali Pertusio, Vidracco e Vistrorio, dove persiste un fenomeno migratorio importante: un migliaio di individui per ciascuna località. A Rosta e Buttigliera Alta la migrazione interessa alcune centinaia di esemplari, ma è comunque meritevole di tutela. In quest’ultimo contesto, nonostante i tre rospodotti realizzati una ventina di anni fa, è di fondamentale importanza l’intervento manuale del personale del Servizio Tutela Fauna e Flora e dei volontari locali, i quali spostano gli animali da un lato all’altro della carreggiata. Negli anni si è capito che il mancato utilizzo dei rospodotti da parte degli anfibi è da ricondursi alla scarsa attrattività dei manufatti a disposizione o alla ridotta propensione della maggior parte degli esemplari ad imboccare i passaggi interrati. Per la buona riuscita della migrazione è quindi fondamentale l’intervento manuale degli operatori, che spostano gli esemplari. In questo compito sono facilitati dalle barriere, che agevolano notevolmente il recupero degli anfibi che stazionano alla base delle barriere stesse oppure tentano di arrampicarsi per superarle. E’ importante ricordare che la barriera non è invalicabile e, visto lo scarso uso dei rospodotti, la permeabilità dell’ostacolo è fondamentale in caso di assenza di operatori. Nonostante gli sforzi profusi in alcuni siti, si evidenzia una progressiva rarefazione delle popolazioni in migrazione, purtroppo in linea con una tendenza generalizzata a scala nazionale e globale. È quindi molto importante continuare l’attività di monitoraggio e di sensibilizzazione dei cittadini per la tutela e la salvaguardia dei rospi e delle rane.
IL ROSPODOTTO DI CANDIA
Nel 2000, l'allora Ente gestore del Parco del Lago di Candia, realizzò il primo rospodotto lungo la Strada Provinciale 84 Candia-Caluso, con barriere artificiali mobili a tutela delle centinaia di rospi e rane dalmatine che, durante la migrazione riproduttiva, si dirigevano verso le sponde del lago per deporre le uova. Successivamente, grazie ai finanziamenti della Misura 323 del Programma di Sviluppo Rurale 2007-2013 della Regione Piemonte, l’allora Provincia di Torino a partire dal 2013 ha incrementato e reso più efficienti le strutture. Per consentire agli animali di superare incolumi la strada, sono state collocate sotto il manto stradale alcune canaline di cemento con una griglia di aerazione in ghisa. I vantaggi della soluzione adottata sono la salvaguardia degli animali che attraversano la strada, la facilità di manutenzione, l’umidità e l’illuminazione simili a quelle dell’esterno (il che attira gli animali). Il Servizio Pianificazione e gestione rete ecologica e aree protette ha collocato ai bordi della carreggiata una serie di barriere temporanee che convogliano gli anfibi agli ingressi dei tunnel, garantendone l’incolumità pur in assenza di una sorveglianza diretta da parte di volontari o tecnici.
L’IMPORTANZA DELLE ZONE UMIDE PER GLI ANFIBI
Le zone umide sono fondamentali per specie animali e vegetali il cui ciclo vitale è, in tutto o in parte, legato alla presenza dell’acqua. Quando arriva la stagione degli amori e scende il buio, i rospi lasciano i luoghi in cui vivono abitualmente per andare in cerca di stagni, rive dei laghi o altre raccolte d’acqua, dove riprodursi. Dalle uova, deposte in lunghi cordoni gelatinosi ancorati alla vegetazione acquatica, nascono girini neri, che in due o tre mesi compiono la metamorfosi necessaria per abbandonare l’acqua e dirigersi verso i boschi o i prati umidi. Purtroppo gli adulti vengono uccisi in gran quantità dalle automobili mentre attraversano le strade che incontrano durante il cammino verso i luoghi di riproduzione. Trattandosi di animali a sangue freddo, il periodo riproduttivo dipende dalle condizioni climatiche di temperatura e umidità. In Piemonte la migrazione si svolge normalmente tra la fine di febbraio e la fine di marzo.
DIFFUSIONE E MORFOLOGIA
Il Rospo comune è un animale che si adatta a vari tipi di ambienti, in particolare ai boschi, sia di pianura che di montagna. È un anfibio senza coda, con la pupilla orizzontale e con ghiandole parotoidi dietro gli occhi molto evidenti. Ha una colorazione scura, dal bruno rossiccio al grigio olivastro, una corporatura tozza e la pelle rugosa. La differenza tra i sessi è molto, marcata perché le femmine sono nettamente più grandi dei maschi.
ANIMALE UTILI E INDICATORI DELLA QUALITÀ AMBIENTALE
I rospi sono determinanti per il mantenimento dell’equilibrio ecologico del territorio e della sua biodiversità. Svolgono un’azione di controllo delle popolazioni di insetti che vivono nelle zone umide, come le zanzare, ma si nutrono anche di altre specie dannose per l’agricoltura, come le lumache. Sono inoltre preziosi indicatori dello stato ambientale, perché la permeabilità della loro pelle li rende assai sensibili agli agenti tossici e ai cambiamenti climatici e ambientali.
PERICOLI PER LA SOPRAVVIVENZA
Il 36% degli anfibi italiani è a rischio di estinzione, nonostante le tutele previste dalla Convenzione di Berna per la salvaguardia della fauna minore, dalla Direttiva Habitat dell’Unione Europea e dalla Legge regionale 32 del 1982. Le minacce più significative per la sopravvivenza dei rospi sono legate alle attività umane. Oltre alla viabilità, sulla consistenza delle popolazioni incidono la modifica, la perdita e la frammentazione dell’habitat: eliminazione o compromissione delle zone umide minori per cementificazione di fontane e sorgenti, copertura o interramenti di piccole pozze e stagni temporanei, inquinamento con sostanze nocive o rifiuti delle piccole raccolte d’acqua, frammentazione degli ecosistemi dovuta a eliminazione di siepi e fasce vegetali che possono servire da corridoi per lo spostamento degli animali. Sulla consistenza delle popolazioni di rospi incide anche l’utilizzo di pesticidi e diserbanti in agricoltura. Non bisogna poi dimenticare le forme di persecuzione immotivata e crudele, dovute ai pregiudizi sull’aspetto dei rospi e all’ignoranza del ruolo ecologico che rivestono. Anche l’introduzione di specie esotiche può alterare pericolosamente gli equilibri ambientali.
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La presenza del Lupo nelle vallate alpine occidentali è ormai un dato consolidato ed è sintomatica del buon stato di salute dell'ambiente naturale. Lo precisano i tecnici del Servizio Tutela Fauna e Flora della Città Metropolitana di Torino, a seguito dell’avvistamento di un esemplare nella zona di Campo Smith a Bardonecchia.Non è inusuale l'aumento degli avvistamenti di lupi nelle vicinanze delle attività umane nei periodi immediatamente successivi a consistenti nevicate. Un episodio analogo a quello di Bardonecchia si è verificato negli anni scorsi nell’abitato di Pragelato, senza che gli animali (in quel caso si trattava di due femmine) arrecassero alcun danno alle persone.
Il Servizio Tutela Fauna e della Flora della Città Metropolitana di Torino è stato interpellato dall’amministrazione comunale di Bardonecchia per effettuare un monitoraggio in zona. Nel periodo della stagione turistica, estiva e invernale, in cui possono verificarsi episodi di vicinanza tra animali selvatici e attività umane, gli agenti faunistico-ambientali della Città Metropolitana che operano in Alta Valle di Susa sono in allerta. Il personale è dotato di tutti gli strumenti tecnici atti a garantire da un lato l'incolumità delle persone e dall'altro l’adeguata tutela del Lupo, specie inserita dal legislatore tra quelle a protezione assoluta.
Il Servizio Tutela Fauna e Flora consiglia a tutti i cittadini e frequentatori delle vallate montane ad adottare alcune semplici precauzioni: non lasciare a disposizione degli animali alcuna fonte alimentare e nessun rifiuto che possa servire da alimento, non lasciare liberi i cani domestici, specie durante le escursioni.
Se si incontra un animale selvatico particolarmente confidente o in difficoltà si deve immediatamente chiamare i numeri di allertamento del Servizio Tutela Fauna e Flora.
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Una passeggiata sulle sponde del torrente Pellice, nel tratto compreso tra il ponte di Vigone-Vilafranca e la confluenza con il Po a Pancalieri, per la conta dei nidi di frega della trota marmorata.L’iniziativa, organizzata dalla Città metropolitana di Torino ed il Parco del Monviso, ha avuto luogo lo scorso 30 dicembre ed ha radunato oltre trenta partecipanti, in gran parte pescatori.
La trota marmorata è un pesce che ha una distribuzione circoscritta al fiume Po e ad alcuni suoi affluenti che provengono dalle Alpi (è anche presente in alcuni torrenti della Slovenia e della Croazia).
La sua esistenza è attualmente minacciata dai grossi prelievi idrici a scopo agricolo e idroelettrico e dai numerosi lavori di regimazione idraulica.
Il torrente Pellice è uno dei corsi d’acqua più adatti ad ospitare questa specie. In particolare gli ultimi chilometri costituiscono sicuramente una delle zone più importanti per la sua riproduzione.
L’atto riproduttivo avviene una volta l’anno, verso la metà di novembre e inizio dicembre, con la deposizione da parte delle femmine di circa 1.500 uova per ogni chilo di peso corporeo. In questo periodo i riproduttori, in gran parte provenienti dal vicino fiume Po, si portano in zone del corso d’acqua caratterizzate da forte corrente (0,7-1,4 m/s) e da substrato ghiaioso. Qui le femmine, accompagnate dai maschi, fregano con la coda sul fondo del corso d’acqua dando origine ad una buca e ripulendo la ghiaia dalla sabbia e dai detriti. Nascondono in questo modo le uova ormai fecondate, che rimarranno più di due mesi in attesa di schiudere e di riavviare il ciclo della vita.
Durante la passeggiata di circa 8 chilometri, sono stati contati i nidi di frega dove le trote hanno deposto le uova.
In base alla dimensione i nidi possono essere classificati come piccoli, medi e grandi. Le freghe piccole sono state scavate da animali al primo atto riproduttivo, le medie di animali approssimativamente del peso di 2-3 chilogrammi ed infine le grandi di animali superiori ai 3 chilogrammi.
“Questa attività, semplice e divertente, ha permesso di raccogliere dati di notevole importanza – ha commentato la Consigliera della Città metropolitana di Torino Elisa Pirro, con delega all’Ambiente e Vigilanza ambientale - e consente di stimare la popolazione ittica presente, un passo indispensabile per qualsiasi politica gestionale”.
La passeggiata è iniziata verso le 10 del mattino e si è conclusa nel pomeriggio. Sono stati contati 82 nidi e si è constatato che la briglia a valle del ponte Vigone-Villafranca (priva di scala di risalita per l’ittiofauna) non permette ai pesci di colonizzare il tratto a monte.
L’iniziativa sarà ripetuta alla fine del 2018.
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