Ambiente
Cosa ci fa una colonia di pipistrelli nella chiesa parrocchiale di Santa Maria Maddalena a Casalborgone?
Si riproducono e vengono per questo tutelati fra maggio e agosto proprio in questa particolare location. Si tratta infatti di una colonia riproduttiva di chirotteri che utilizza l’edificio sacro da 50 anni, come riferiscono testimoni locali; nel 2015 la presenza della colonia è stata notata da un naturalista che per primo ne ha identificato gli esemplari come appartenenti alla specie di particolare interesse conservazionistico vespertilio smarginato (Myotis emarginatus).
Oggi è in corso un progetto finanziato dall’Ente di gestione delle Aree protette del Po piemontese in collaborazione con la Stazione Teriologica Piemontese, l’associazione Attorno alla Ro Verda e il Comune di Casalborgone finalizzato proprio a rendere pienamente compatibile la presenza della colonia con le esigenze di conservazione e fruizione dell’edificio: il vano dedicato ai pipistrelli è stato reso più accogliente e sono stati effettuati interventi per favorire l’utilizzo, da parte degli esemplari, di accessi che evitano il passaggio nell’interno della chiesa. Il caso di Casalborgone rappresenta un esempio di tutela integrata dei beni ambientali e culturali che, nel territorio metropolitano di ritrova anche in altri edifici tra i quali, ad esempio, la Reggia di Venaria e la Fortezza di Verrua Savoia.
Se ne è parlato anche nei giorni scorsi durante una serata informativa durante la quale i chirotterologi Elena Patriarca e Paolo Debernardi della Stazione Teriologica Piemontese hanno illustrato il progetto.
Come ha spiegato Elena Patriarca, questa vicinanza tra pipistrelli e uomo richiede attenzione: se da un lato esistono disposizioni di stretta tutela dei pipistrelli che derivano dalle normative nazionali e internazionali, dall’altro lato è necessario, laddove le colonie sono presenti, di risolvere le eventuali conflittualità che possono generarsi e che sono sempre risolvibili.
Proprio in questo senso si inserisce la collaborazione tra la Città metropolitana di Torino e Stazione Teriologica Piemontese per offrire ai cittadini un servizio di consulenza e di supporto per risolvere quelle piccole conflittualità che possono generarsi in seguito alla presenza dei pipistrelli e al contempo garantire a queste specie la tutela che le normative prevedono.
Secondo Paolo Debernardi, i pipistrelli sono una parte molto rilevante della complessiva biodiversità dei mammiferi sul pianeta; su oltre 1400 specie, in Italia ce ne sono almeno 35 e 28 sono note tra Piemonte e Valle d'Aosta. Sono animali dalla biologia abbastanza complessa ed essendo grandi divoratori di insetti offrono dei servizi ecosistemi eccezionali.
Gli atteggiamenti più comuni nei confronti dei pipistrelli vanno da una fobia generalizzata e inspiegabile, a una serie di remore nell'avvicinare questi animali che appaiono brutti nell'immaginario, a leggende metropolitane trasversali in tutta Europa come credere che si attacchino ai capelli.
Il video https://youtu.be/Y91hR9LjPiQ
Speciale su http://www.cittametropolitana.torino.it/speciali/2021/pipistrelli_chiesa_sasalborgone/
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Nella seduta di mercoledì 28 luglio il Consiglio metropolitano di Torino presieduto da Chiara Appendino ha approvato gli orientamenti per l'Agenda per lo sviluppo sostenibile del territorio, lo strumento per lo sviluppo strategico con riferimento agli obiettivi mondiali e nazionali per lo sviluppo sostenibile."Un documento costruito in modo partecipato con gli attori e gli stake holders interessati seguendo le linee di indirizzo e facendo riferimento agli obiettivi dell'Agenda 2030 e alla Strategia nazionale e regionale per lo sviluppo sostenibile, individuando politiche e linee di azione che affrontino con coerenza le tre dimensioni della sostenibilità sociale, ambientale ed economica" come ha spiegato la consigliera metropolitana delegata all'ambiente Barbara Azzarà.
L'Agenda per lo svilupo sostenibile dovrà anche diffondere sul territorio la consapevolezza e favorire l’attivazione sociale e imprenditoriale sui temi della sostenibilità, anche attraverso il coinvolgimento dei cittadini e della società civile.
La Città metropolitana di Torino, che nella stesura è stata supportata da Ires Piemonte, ha collaborato con la Regione Piemonte e le Città metropolitane di Milano, Venezia e Genova.
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Città metropolitana di Torino ha fatto l’en plein sul Bando Forestazione pubblicato dal Ministero dell’ambiente all’interno del Decreto Clima dove si definiscono le modalità per la messa a dimora di alberi negli ambiti delle aree metropolitane: tutti e cinque i progetti presentati da Città metropolitana di Torino sono stati approvati, in una graduatoria nazionale che ne ha visti accolti in tutto 34 in Italia per oltre 14 milioni di euro di finanziamento.“Siamo davvero molto soddisfatti del risultato e del lavoro svolto dai nostri uffici che hanno concordato le candidature con gli Enti parco e i Comuni del territorio, in uno sforzo di condivisione che ha premiato” commenta la consigliera metropolitana delegata all’ambiente Barbara Azzarà.
Erano state 30 le proposte avanzate nel dicembre scorso da Enti e Comuni del territorio ai quali Città metropolitana di Torino aveva presentato l’opportunità di partecipare al Bando Forestazione: nel corso di tre mesi di progettazione, al termine del percorso sono stati selezionati ed assemblati progetti in arrivo da 20 fra Enti parco e Comuni riuniti in cinque macroambiti, tutti ricompresi all’interno della cosiddetta Corona Verde.
Ecco nel dettaglio i progetti presentati ed approvati, ciascuno del valore di mezzo milione di euro:
Corona Verde – zona nord indirizzato ad interventi di forestazione dell’area metropolitana torinese nord
Corona Verde – zona sud che ha coinvolto Comuni posti a sud e sud est della metropoli torinese
Corona Verde – aree protette Parco regionale La Mandria e Parco del Po piemontese definito appositamente per riunire territori protetti all’interno dei parchi regionali della Mandria e del Parco del Po
Corona Verde – tangenziale verde definito sui tre Comuni che fanno parte del sub ambito della tangenziale verde a nord del capoluogo
Corona Verde – area metropolitana torinese che ha interessato oltre al capoluogo torinese, un’ampia porzione di territori del Comune di Torino gestiti dalla Società Acque metropolitane a Venaria e 2 dei principali comuni della collina torinese cioè Chieri e Moncalieri
I cinque progetti prevedono la messa a dimora complessivamente di circa 70mila alberi di specie rigorosamente autoctone, che fanno parte della zona fitoclimatica della pianura padana.
I più rappresentati saranno le querce (rovere e farnia), il carpino, l’acero campestre, il frassino, l’ontano nero, i pioppi bianchi, neri e tremoli, il ciliegio selvatico, l’Olmo, il sorbo domestico con aggiunta di specie arbustive come il biancospino, il nocciolo, il maggiociondolo, ilviburno, il corniolo ed il sanguinello.
Si tratta ora di procedere con l’elaborazione dei progetti esecutivi, dell’affidamento attraverso procedure di gara semplificate e di avvio dei lavori che dovrà avvenire entro la metà del prossimo mese di novembre.
Oltre ai lavori di riforestazione, dovrà essere garantita la manutenzione e la sopravvivenza delle giovani piante per i primi sette anni di impianto.
Presentati a finanziamento anche tre nuovi progetti
Proprio oggi, la Città metropolitana di Torino ha poi presentato al Ministero per la transizione ecologica altri tre progetti nell’ambito dell’edizione 2021 del bando forestazione: tre proposte che implementano ed ampliano a livello di superficie di alcuni dei progetti finanziati dal primo bando.
Ecco in dettaglio i progetti avanzati:
Corona verde – aree protette dei Parchi reali
Il progetto prevede ulteriori interventi di forestazione all’interno del parco La Mandria nel Comune di Druento, tra cui la sostituzione di vecchi pioppeti in fase degenerativa con 15 ettari di nuovi boschi autoctoni caratterizzati dalle specie tipiche del parco che è dominato dalla vegetazione del querco carpineto
Corona verde – area protetta del Parco del Po piemontese
Il progetto amplierà la riforestazione di alcune proprietà del Comune di Verolengo già candidate nel bando precedente, con l’inserimento dei Comuni di Lauriano Po, Carignano e Carmagnola.
La riforestazione interesserà aree abbandonate lungo il Po, con l’inserimento di specie tipiche delle zone fluviali e golenali caratterizzate da pioppo, salice bianco, farnia, carpino, frassini, aceri, ontani.
Corona verde – ambito del Chierese
Il progetto riguarderà un’area di grande interesse di proprietà del Consorzio Chierese dei Servizi posta lungo il torrente Tepice che coinvolge 19 Comuni del territorio:Andezeno, Arignano, Baldissero T.se, Cambiano, Carmagnola, Chieri, Isolabella, Marentino, Mombello di Torino, Moncucco T.se, Montaldo T.se, Moriondo, Pavarolo, Pecetto T.se, Pino T.se, Poirino, Pralormo, Riva presso Chieri, Santena per un totale di oltre 125mila abitanti. I Comuni concordano nel mettere a disposizione un’area di 12 ettari accorpati, attualmente coltivata a mais: la riforestazione prevederà l’inserimento di specie autoctone tipiche della pianura fluviale anche in questo caso con prevalenza di querco carpineti, pioppi bianchi e neri, salici, ontani, frassini, aceri, ciliegi con sottobosco di specie arbustive come biancospino,viburno, corniolo e sanguinello.L’area sarà connessa al sistema ciclabile del comune di Chieri per consentire l’accesso dei cittadini in modo agevole e verrà utilizzata anche per attività di formazione e didattica ambientale e naturalistica concordate con il Consorzio.
Nel complesso, si configura un investimento su circa140 ettari di superfici pubbliche con un impianto di oltre 105.000 esemplari arborei ed arbustivi a conferma della capacità di Città metropolitana di Torino di programmare e attuare quelle strategie di lotta ai cambiamenti climatici previste dai recenti strumenti di pianificazione strategica e territoriale, dal piano strategico metropolitano al piano territoriale, all’agenda per lo sviluppo sostenibile.
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Dopo il diniego già manifestato lo scorso anno, gli uffici della Città metropolitana di Torino si sono nuovamente espressi negativamenteal progetto di realizzazione di una nuova vasca all’interno dell’impianto della discarica di Torrazza Piemonte. Il Tar era intervenuto a favore di una riapertura del procedimento avviato dall’azienda, La Torrazza srl, proprietaria dell'impianto situato nel territorio del comune del chivassese, per la realizzazione di una nuova vasca che sarebbe andata ad aggiungersi a quelle già presenti all'interno dell'area di circa 210 mila metri quadri, attiva dal 1981, dove si svolgono attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi e pericolosi compresi quelli contenenti amianto.
Riassumiamo in breve la vicenda. La gestione delle vecchie celle, con lo smaltimento di rifiuti industriali, sia speciali che tossico-nocivi (ex categoria 2B ai sensi della D.C.I.27/07/84), era partita con la cella 1 nel 1981 e terminata con la cella 7 nel 1993. Queste celle erano già state individuate quali sorgenti di inquinamento delle acque sotterranee e richiesto l'attivazione delle procedure di bonifica oggi concluse ai sensi dell'attuale normativa.
Negli anni Novanta la società aveva avviato le procedure per la realizzazione della cella 8, una vasca con una previsione di volumetria iniziale di ben 700.000 metri cubi, ma nel 1996 il Ministero dell'Ambiente con proprio DEC.VIA era intervenuto ridimensionando il progetto e dimezzando la volumetria a 350.000 metri cubi, oltre ad esplicitare che quello sarebbe stato l'ultimo intervento possibile all'interno del sito inserito in un contesto territoriale caratterizzato da un notevole carico ambientale.
Nel 2000 anche la Regione Piemonte, a cui competeva l'approvazione del progetto ed il rilascio dell'autorizzazione alla realizzazione della cella 8, aveva confermato le prescrizioni del Ministero.
Nel corso del 2014 era stato approvato un poco significativo rimodellamento della cella 8 da parte dell'allora Provincia di Torino che ribadiva come il progetto presentato doveva costituire l'ultimo ampliamento in termini di volumi di smaltimento dell'area in disponibilità della società La Torrazza. Con il passare degli anni si è assistito ad un progressivo processo di urbanizzazione, con la creazione ed il successivo ampliamento di nuove aree residenziali situate a sud dell'area oggetto dell'intervento, ad una distanza di circa 300 metri dalla nuova vasca, una situazione decisamente meno cautelativa anche rispetto alle valutazioni di rischio effettuate dal Ministero. C’è da aggiungere che anche i comuni limitrofi hanno sempre espresso la loro contrarietà a progetti di espansione dell’impianto.
“Abbiamo ribadito, sulla base di elementi tecnici, la nostra contrarietà all’intervento nella discarica di Torrazza – hanno commentato il vicesindaco metropolitano Marco Marocco e la consigliera con delega all'ambiente Barbara Azzarà – mettendo al primo posto la salute dei cittadini anche in considerazione alla situazione particolare di quella parte di territorio”.
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Sta per iniziare l’iter che riguarda le attività della Kastamonu Italia S.p.A. di Frossasco, l’azienda che da settimane è al centro delle preoccupazioni della popolazione della zona, che comprenderà prossimamente anche il procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale.L’azienda è specializzata nella produzione di pannelli in legno per l’industria edile e manifatturiera, in particolare del settore arredamento, e oltre a quello di Frossasco possiede in Italia altri stabilimenti a Luserna San Giovanni e in Emilia Romagna: il piano aziendale prevede fra l’altro la realizzazione di un ulteriore impianto di combustione per produrre aria calda per il funzionamento dell’impianto di essiccazione, scelta che ha dato origine a contestazioni e richieste di chiarimenti.
Del tema si è parlato oggi durante la seduta del Consiglio metropolitano di Torino: la consigliera metropolitana delegata all’ambiente Barbara Azzarà ha rimarcato come l’intervento si prefiguri di fatto come una nuova installazione anche se proseguirà con lo stesso tipo di produzione e dovrà sottostare a tutti gli iter di autorizzazione e di controllo e applicare le migliori tecniche disponibili per eliminare o ridurre gli impatti ambientali derivanti dalle emissioni in atmosfera, dagli scarichi nelle acque, dalla gestione dei rifiuti, dall’emissione di rumore e altro, tecniche che dovranno essere conformi anche alla normativa europea sulle emissioni da impianti industriali.
Vista la localizzazione dell’impianto, Azzarà ha spiegato che sarà posta particolare attenzione alle problematiche concernenti l’approvvigionamento delle materie prime come legno vergine o proveniente da attività di recupero, alle emissioni in atmosfera, alle acque cosiddette di dilavamento delle aree a partire dai piazzali di stoccaggio.
Nulla è comunque dato per scontato. Nel corso della conferenza dei servizi, saranno raccolti dati storici di qualità dell’aria disponibili sull’intera zona con la possibilità di predisporre una campagna di monitoraggio anche in punti del territorio non adiacenti allo stabilimento e verrà acquisito il parere di ARPA Piemonte, anche per la definizione dello specifico piano di monitoraggio e controllo (PMC) dell’impianto. I controlli di pertinenza pubblica previsti nel PMC, saranno effettuati secondo il Piano di Ispezione Ambientale definito dalla Regione per garantire il coordinamento delle ispezioni.
Azzarà ha risposto ad una interpellanza del consigliere Silvio Magliano che chiedeva rispetto all’insediamento industriale quali azioni a rassicurazione e tutela dei cittadini e del territorio potessero arrivare da parte della Città metropolitana.
I risultati del controllo delle emissioni saranno messi a disposizione del pubblico, come prevede la normativa, anche sul sito internet di Città metropolitana di Torino.
Rispetto alla previsione di controlli e rilievi per verificare la salubrità del terreno e del sottosuolo di pertinenza dell’impianto, la consigliera Barbara Azzarà ha ricordato che “la stessa normativa individua la procedura per la valutazione della possibilità di contaminazione del suolo e delle acque sotterranee nei casi in cui l’attività comporti l’utilizzo, la produzione o lo scarico di sostanze pericolose”.
La parola ora passa agli uffici che avvieranno l’iter per questo insediamento industriale (la richiesta dell’azienda è stata appena depositata) nel pieno rispetto della normativa senza trascurare alcun controllo, compresa la parte urbanistica dove si prevede una variante al PRGC necessaria per adeguare lo strumento urbanistico al nuovo assetto dello stabilimento, oltre alle informazioni tecniche e amministrative relative all’impianto di combustione di rifiuti legnosi.
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I dipendenti dii Città metropolita di Torino diventano testimonial del #plasticfree.
Da martedi 29 giugno tutti sono dotati di borracce in copoliestere - materiale esente da bisfenolo, riciclabile al 100% e privo di componenti dannosi - adatte per la ricarica di acqua ai distributori installati nell’Ente, ma non solo.
Il contratto di concessione del servizio di installazione e gestione di distributori automatici installati nelle sedi prevedeva da parte del concessionario questa fornitura.
"Un piccolo passo in un processo più ampio di visione dell'Ente e del territorio, verso una maggiore consapevolezza di sviluppo sostenibile" come ha ricordato la consigliera metropolitana delegata all’ambiente Barbara Azzarà che ha distribuito alcune borracce.
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Aree da riqualificare sul territorio metropolitano, che necessitano di interventi ambientali o con valori paesaggistici e naturalistici da preservare? I Comuni possono segnalarle alla Città metropolitana di Torino entro il prossimo 31 luglio, candidandole per essere inserite nel catalogo CIRCA destinato a censire gli Interventi di riqualificazione e compensazione ambientale: uno strumento a supporto degli Enti locali del nostro territorio, dove far atterrare progetti di rigenerazione ambientale finanziabili con le attese risorse del recovery found, nell’ambito del quale la Città metropolitana ha chiesto di inserire, tra l’altro, anche il finanziamento degli studi di fattibilità proprio per le aree censite nel catalogo CIRCA.Comuni ed associazioni dovranno inoltrare entro il 31 luglio le segnalazioni attraverso la scheda disponibile online su http://www.cittametropolitana.torino.it/cms/ambiente/risorse-idriche/progetti-ris-idriche/riqualificazione/catalogo-circa
Le aree segnalate saranno oggetto di approfondimento tecnico da parte degli uffici della Città metropolitana per verificare lo stato di fatto e la soluzione progettuale più opportuna da proporre alla prima occasione di finanziamento.
Il Catalogo CIRCA sarà normato come strumento operativo del nuovo Piano Territoriale Generale Metropolitano (PTGM) in fase di approvazione.
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Si avvicina la data del 5 luglio, fissata dopo una proroga per presentare le osservazioni al documento di Sogin che ha individuato ad inizio 2021 i territori potenzialmente idonei ad ospitare il sito unico per il deposito nazionale di scorie nucleari.La Città metropolitana di Torino ed i sindaci dei Comuni coinvolti - Chivasso, Carmagnola, Mazzè, Rondissone, Poirino, Caluso,Villareggia - particolarmente preoccupati che l’allarme sul rischio di insediamento sia calato, oggi hanno chiamato a raccolta online i parlamentari piemontesi per chiedere aggiornamenti e sollecitare attenzione.
Le deputate Elisa Pirro, Jessica Costanzo, Silvia Fregolent, Daniela Ruffino e Augusta Montarulihanno accolto l'invito del vicesindaco di Cittàmetropolitana di Torino Marco Marocco; gli onorevoli Carlo Giacometto e Mino Taricco hanno inviato un messaggio garantendo il loro impegno.
Tutti hanno chiesto ai parlamentari di farsi parte attiva perchéa Roma le scelte siano fatte su basi tecniche, tenendo conto delle osservazioni redatte dagli esperti.
Intanto nel corso della riunione si è appreso che la Regione Piemonte negli ultimi giorni ha deliberato la sua contrarietà ad ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi.
Soddisfatto il vicesindaco metropolitano Marco Maroccoche ha subito chiesto alla Regione Piemonte di condividere quanto prima con i Sindaci e la Città metropolitana il contenutodell’importante deliberazione assunta.
“Per noi è una conferma del buon lavoro svolto da Città Metropolitana insieme alle amministrazioni locali nel preparare le osservazioni”commenta Marocco.
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Si sono aperte in questi giorni le adesioni al nuovo Protocollo A.P.E. per l’attuazione degli acquisti pubblici ecologici. Nuove adesioni dunque per contribuire ad aumentare la capacità dei sottoscrittori di implementare in modo efficace gli Acquisti Verdi noti anche come GPP (Green Public Procurement), in considerazione delle novità normative introdotte dal 2016.
Sono invitate ad aderire al nuovo Protocollo d’intesa per l’attuazione degli acquisti pubblici ecologici sul territorio della Città metropolitana di Torino le Pubbliche amministrazioni e più in generale le organizzazioni che costituiscono “il lato della domanda” chiamate ad applicare i CAM, i Criteri Ambientali Minimi. Ma l’invito riguarda anche le Associazioni di categoria, gli ordini professionali e i soggetti che rappresentano il “lato dell’offerta” chiamato a produrre e a offrire beni e servizi più performanti sul piano dell’impatto ambientale. Entrando a far parte della Rete A.P.E si beneficerà, come in passato, di alcuni supporti tecnici eoccorre inoltre ricordare che l’applicazione dei CAM è obbligatoria.
Per entrare nei dettagli e per condividere i nuovi obiettivi del Protocollo e rispondere ad eventuali quesiti sono state programmate due riunioni on line nei giorni 22 e 23 giugno 2021. In particolare martedi 22 giugno, dalle 10 alle ore 11.30, per le PA del territorio e per le organizzazioni che costituiscono “il lato della domanda”; mercoledi 23 giugno, dalle 10 alle 11.30, per le associazioni di categoria, gli ordini professionali e gli altri soggetti del territorio.
La Commissione europea, ricordiamo, ha definito gli Acquisti Verdi o GPP (Green Public Procurement) come “l’approccio in base al quale le Amministrazioni Pubbliche integrano i criteri ambientali in tutte le fasi del processo di acquisto, incoraggiando la diffusione di tecnologie ambientali e lo sviluppo di prodotti validi sotto il profilo ambientale, attraverso la ricerca e la scelta dei risultati e delle soluzioni che hanno il minore impatto possibile sull’ambiente lungo l’intero ciclo di vita”.
I Criteri Ambientali Minimi sono lo strumento chiave per l’applicazione del GPP, il Green Public Procurement e in Italia sono definiti nell’ambito di quanto stabilito dal Piano per la sostenibilità ambientale dei consumi del settore della pubblica amministrazione. Sono adottati con Decreto del Ministro dell’Ambiente della Tutela del Territorio e del Mare (ora Ministro per la Transizione Ecologica).
La strategia della Città metropolitana di Torino in questo ambito si è focalizzata sul coordinamento e animazione della Rete A.P.E., la Rete provinciale degli Acquisti Pubblici Ecologici. Un numero di attori in costante aumento ha lavorato in rete, nell’ambito del progetto, grazie a successive sottoscrizioni di uno specifico protocollo d’intesa, appunto il Protocollo A.P.E.. Decine di attività informative e formative, supporti tecnici mirati, partecipazioni a progetti europei, confronti nei tavoli nazionali, strumenti di diversa natura (calcolatori, check list, audit, ecc.) sono stati resi disponibili, gratuitamente, per gli aderenti.
I Soggetti interessati a partecipare alle riunioni e/o all’adesione al nuovo Protocollo devonocontattare il nostro Ente al seguente indirizzo: gpp@cittametropolitana.torino.it
Le info sull’APE sono alla pagina
http://www.cittametropolitana.torino.it/cms/ambiente/agenda21/ape/ape
Il Piano d’Azione Nazionale
https://www.minambiente.it/pagina/piano-dazione-nazionale-sul-gpp
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La presenza del lupo sulla collina di Torino non è più una novità e non stupisce quindi che un esemplare sia arrivato all’Isolone di Bertolla, scendendo dai boschi di Superga fino al Po.Gli esiti degli esami del DNA a cui sono state sottoposte le carcasse di tre pecore predate nella notte tra il 17 e il 18 maggio scorsi sull’Isolone di Bertolla a Torino hanno confermato che la predazione è attribuibile al lupo.
Le pecore erano state uccise ma non consumate dal predatore e sul posto erano intervenuti i guardaparco del Parco fluviale del Po della pianura torinese e i veterinari dell'Asl competente per territorio, che avevano effettuato diversi tamponi per recuperare il DNA del predatore sulle carcasse delle pecore.
Nella notte fra il 18 e il 19 maggio si era verificata una seconda predazione con altre tre pecore uccise, anche in questo caso non consumate. La mattina del 19 maggio un tecnico faunistico della Città Metropolitana di Torino aveva compiuto un sopralluogo insieme ai guardaparco e ai veterinari dell'Asl, per effettuare ulteriori tamponi. Erano anche state posizionate due fototrappole, di cui una nella notte successiva aveva ripreso un canide molto simile ad un lupo, anche se l'immagine non era del tutto nitida.
Come spiega Barbara Azzarà, cnsigliera metropolitana delegata all’ambiente e alla tutela della fauna e della flora, “nessun cittadino ha corso rischi, perché l’Isolone di Bertolla è chiuso al pubblico e dato in concessione ad un allevatore che vi tiene allo stato brado diversi animali. Da tempo I guardaparco del parco del Po piemontese effettuano videoriprese di cinghiali, volpi, faine, ricci, per non parlare dei numerosissimi uccelli, prova della qualità ambientale dell’isola".
Il personale di Città metropolitana di Torino, quello del Parco fluviale del Po della pianura torinese e dell’Asl Città di Torino sono prontamente intervenuti per verificare il danno e supportare l’allevatore nell’individuazione della migliore strategia da attuare per difendere il bestiame.
Si tratta dell’attività delle squadre WPIU-Wolf Prevention Intervention Unit, previste dal progetto Life WolfAlps EU, uno strumento pensato appositamente per supportare gli allevatori e rendere meno problematica la convivenza con il predatore.
Le squadre WPIU sono presenti su tutto il Piemonte e nel territorio della Città Metropolitana di Torino sono stati costituiti tre gruppi, formati da personale di vari Enti appositamente formato per intervenire su casi come quello dell’Isolone Bertolla.
Partecipano all’attività, oltre alla Città Metropolitana di Torino, i Carabinieri Forestali e gli Enti di gestione delle Aree protette presenti sul territorio.
Al pastore proprietario delle pecore è stato consigliato di tenere gli animali in una zona chiusa già presente, circondata da un muretto di calcestruzzo sovrastato da una recinzione.
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