Presentatati nel corso della IV Commissione, dove erano stati invitati a partecipare i Comuni dell'area metropolitana torinese, la Federazione italiana organismi per le persone senza dimora (Fio.PSD), Acmos, Gruppo Abele, l'analisi dei risultati emersi da uno studio di Cesare Bianciardi del Dipartimento di Culture, politica e società dell'Università degli Studi di Torino, che ha realizzato la ricerca su chi sono gli homeless del territorio metropolitano al di fuori della Città di Torino.
Nel corso dell'incontro Cesare Bianciardi ha sintetizzato i risultati dello studio, ricordando che a fianco al profilo classico del senza fissa dimora cresce una fascia di nuove povertà che, a causa di eventi scatenanti come la perdita del lavoro, diventano homeless. La vicesindaca del Comune di Torino Sonia Schellino ha sottolineato che il capoluogo è un naturale attrattore per gli homeless, sia perché la città ha la disponibilità di offrire la residenza fittizia, sia per la moltitudine di servizi in atto per le persone fragili. Ciononostante, un maggior coordinamento con tutti i Comuni del territorio potrebbe migliorare l'offerta di soluzioni, anche a vantaggio di quei Comuni che per le dimensioni hanno meno possibilità di farsi carico in modo mirato del problema.
Il vicesindaco Marco Marocco ha sottolineato che la visione della Città metropolitana deve essere sicuramente sovracomunale e su questo c'è la possibilità di integrare le azioni già intraprese: un ruolo che investe l'ente non solo con attività di coordinamento ma anche di sportello, per esempio quello sul sovraindebitamento. La presidente dela IV Commissione Maria Grazia Grippo ha preso l'impegno di far diventare questa riunione il primo degli appuntamenti per costruire una rete di iniziative e proposte su tutto il territorio.
Non solo Torino, cioè una città con molti servizi e molte risorse, ospita gli homeless. Anche il territorio metropolitano ne ha un numero consistente. E non è facile sapere quanti e chi sono perché ovviamente i senza fissa dimora sono soggetti che sfuggono alle normali fonti di censimento, ma anche perché spesso ricevono aiuto da struitture private che non sono in rete con i servizi pubblici.
È quanto era emerso, nel 2017, da una indagine ricognitiva commissionata dalla Città metropolitana che aveva permesso di "censire" sul territorio 101 strutture tra dormitori, social housing, mense, centri d’ascolto per la distribuzione di beni di prima necessità e ambulatori sociali; 36 servizi sociali impegnati quotidianamente con utenza homeless; oltre 50 i comuni interessati dal fenomeno e più di 30 quelli che concedono la residenza anagrafica in una via fittizia per permettere ai senza tetto l’accesso alle prestazioni sociali e sanitarie; 550 i senza dimora censiti.
L’indagine ha avuto un secondo "step" che punta a conoscere più nel dettaglio il profilo di questi "invisibili" e anche le best practices per affrontare il fenomeno: i risultati sono stati presentati in un incontro dal titolo "Homeless. Chi sono e come si interviene sui territori della Città metropolitana di Torino" mercoledì 13 febbraio a Palazzo Cisterna. Lo studio è stato promosso dalla Città metropolitana e realizzato da Cesare Bianciardi del Dipartimento di culture, politiche e società dell’Università degli studi di Torino.
Ad aprire i lavori Silvia Cossu, consigliera delegata ai diritti sociali, parità e welfare dell'Ente: "Per la prima volta, circa un anno e mezzo fa, siamo andati a vedere qual è la situazione degli homeless al di fuori del capoluogo. Con questa seconda ricerca abbiamo approfondito non solo il profilo sociale degli homeless, ma anche qual è la risposta dei territori, quali risorse hanno a disposizione e quali si possono mettere in campo. Questo ci darà la possibilità di dare vita a un tavolo di lavoro da cui escano delle soluzioni attuabili a contrasto del fenomeno".
Fra gli interventi, Antonella Meo del Dipartimento di culture, politiche e società dell’Università degli studi di Torino ha parlato di come la crisi economica del 2008 abbia aggravatola situazione delle nuove povertà, ampliando la fascia di popolazione a rischio; Stefania Falletti dell’Osservatorio abitativo della Città metropolitana ha messo in relazione le problematiche del disagio abitativo con quelle dei senza fissa dimora; Stefania Fumagalli di Coldiretti ha invece presentato alcune buone pratiche nel campo dell’agricoltura sociale.
L’indagine si è concentrata in particolare sui territori di Pinerolo, Rivoli, Settimo Torinese e Chivasso, scelti tenendo conto del numero di presenze di homeless rilevate nel 2017 e dell’attribuzione della residenza anagrafica fittizia quale indicatore di un processo strutturato di presa in carico.
(15 febbraio 2019)
A distanza di un anno, nel 2018, si è rilevata una variazione percentuale di + 20 % dei senza dimora presenti sul territorio metropolitano, pari a un aumento di 111 unità.
L’aumento registrato è imputabile, in parte, a una più puntuale annotazione del fenomeno, cioè con il censimento di senza dimora anche in molti Comuni dove il fenomeno non era stato rilevato nel 2017: Lanzo Torinese, Caselle Torinese, Robassomero e Borgaro; Trofarello, Trana, Cuceglio, San Martino Canavese, Mazzè, Torre Pellice, Pinasca, Usseaux.
L’aggiunta di questi Comuni porta il numero totale dei Comuni nei quali sono presenti homeless a 60, quindi nel 19% dei Comuni della Città metropolitana di Torino si è rilevata la presenza di homeless.
Come già messo in evidenza nella precedente indagine una buona percentuale di strutture di terzo settore agisce non entrando in rete con i servizi sociali pubblici, ben il 49 % del totale; un 33 % di strutture agisce, invece, in rete con il pubblico e, in ultimo, il 18 % di strutture pubbliche (spesso dormitori, social housing o alloggi protetti/autogestiti) sono comunque gestiti da enti di privato sociale o di terzo settore.
Tre sono le tipologie di homeless presenti sui territori metropolitani:
Resta netta la prevalenza maschile: uomini soli, spesso in età attiva, separati, con reti parentali non del tutto solide o consolidate, o completamente dissolte. Ma in alcuni territori sta assumendo rilevanza la presenza femminile: sono solitamente donne sole, single perché separate o perché non sposate, che vivevano coi genitori e si mantenevano attraverso lavori saltuari, che al momento della morte degli stessi non riescono più a mantenersi ed a mantenere la loro abitazione.
Riguardo alla nazionalità degli utenti, al di fuori del capoluogo si evidenzia una netta prevalenza di italiani. Solo a Pinerolo - dove nelle valli è presente in maniera massiccia il fenomeno dell’accoglienza diffusa dei migranti - pare assumere rilevanza il fenomeno di coloro che escono dal percorso di accoglienza e sono frequentemente utenti dei servizi di bassa soglia ma non dei servizi sociali (in quanto clandestini).
(16 novembre 2020)