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Cittàmetropolitana di Torino

CAPOLAVORI DEL LIBERTY

ITINERARIO 3 - LUNGO LA STRADA REALE E LA STRADA FERRATA PER MODANE: DA COLLEGNO A BARDONECCHIA

L'itinerario coniuga singolari gamme di tipologie architettoniche e di riuscite sperimentazioni su scala urbana a capolavori appartenenti alla storia della scultura Liberty-simbolista e a modelli di stile plasmati da maestri-artigiani, facendo proprio l'ideale che l'arte "porti nel più umile oggetto il suo marchio e il suo fascino, orni tutte le forme materiali dell'esistenza". Partendo dal Villaggio Leumann di Fenoglio, il maggiore, più avanzato e compiuto degli interventi pensati e attuati su scala urbanistica in Piemonte, esito e premessa di altre realizzazioni lungo la strada Reale di Francia, si toccano realtà parallele, dove il modello di pianificazione più o meno estesa e la tipologia inviano all'antesignana Le Vésinet (Île-de-France) e al Parc de Saurupt a Nancy (1901): divagazioni sul tema della città-giardino applicate a elitarie lottizzazioni a ville, quasi hôtels particuliers, progettate a Rivoli da Mollino, a Pianezza ancora da Fenoglio, a Coazze da Gribodo e a Bardonecchia da Ceresa. Analogamente, sul tema dell'architettura sacra resta emblematico il complesso del Santuario di Nostra Signora di Lourdes al Selvaggio di Giaveno. Mentre più rarefatto, ma non meno significativo, è il caso di Susa.

  • Itinerari Liberty in provincia di Torino di Carla F. Gütermann, M. Grazia Imarisio e Diego Surace, edito nel 2008 dalla Provincia di Torino - Itinerario 3 (pdf 10.4 MB)


Collegno - Cotonificio "N. Leumann" e Borgata

L'insediamento del complesso industriale a Collegno risale al 1874 quando gli svizzeri Isacco e il figlio Napoleone Leumann lasciarono la loro tessitura di Voghera per trasferirsi a Collegno. L'acquisto dell'area avvenne gradatamente nel corso di 40 anni, dal 1874 al 1915.
Il complesso costruttivo, che si estende su una superficie di 72000 metri quadrati circa, era formato dallo stabilimento tessile nella parte centrale e da due comprensori ai lati a formare il villaggio operaio o Borgata Leumann. Di fronte all' all'entrata del Cotonificio l'ingegner Pietro Fenoglio progettò una stazionetta nel 1903. Oltre all'opificio nel recinto industriale sono collocate anche la palazzina direzionale, un ambulatorio medico, la bassa palazzina degli uffici e l'abitazione del custode.
Il comprensorio est venne edificato a partire dal 1890. Al suo interno vi sono 13 villette costruite a partire dal 1896, la Palazzina bagni, il convitto operaie, il refettorio, il teatro, adibito dopo il secondo conflitto mondiale ad abitazione residenziale e il piccolo albergo Il persico.
Il comprensorio ovest comprende, accanto alle 15 villette residenziali e alla Palazzina impiegati oggi sede dell'Ecomuseo Leumann, l'edificio adibito a scuola elementare e asilo infantile, un lavatoio pubblico oggi scomparso, e la chiesa di Santa Elisabetta.
A Leumann Fenoglio curò con singolare attenzione anche i particolari più semplici e umili. Dall'insegna del numero civico alle inferriate delle porte, dalle spaziose finestre, ai gradini di accesso per finire ai comignoli tutti diversi per forma e per materiale: decorazioni stellari, floreali, a girali arricchiscono le grondaie; archi ribassati con armille decorate, cornici in pietra, formelle di maiolica dipinte, fregi a finta tappezzeria.


Pianezza – Villa Leumann

Alle sontuose residenze secentesche si aggiunsero fra Settecento e Ottocento palazzi residenziali aristocratici e ville per la villeggiatura della borghesia torinese, favorita dal servizio tranviario Torino-Pianezza inaugurato nel giugno del 1884. In piazza Leumann l'ingegner Pietro Fenoglio avviò il rinnovamento di Villa Leumann e delle dipendenze nel 1902 su incarico dell'imprenditore Napoleone Leumann che nel 1885 aveva acquistato dalla contessa Faussone di Germagnano il complesso di casa e corte, parco e dipendenze. Un primo ampliamento tradusse il fabbricato padronale in stile Napoleone III di desinenza nordica, esemplificato nelle monumentali cupole-mansarda. Si devono a Fenoglio la decorazione in stile floreale di alcuni ambienti interni, il ripristino dell' apparato ornamentale e la realizzazione della corpo veranda per ampliare il fabbricato padronale composto di due locali sotterranei, 17 vani al piano terra, altrettanti al primo piano collegati da uno scalone monumentale, e 5 locali al secondo piano per servitù, raggiungibili tramite una scala a chiocciola. Il vasto parco giardino, in parte lottizzato dal 1964, fu ridisegnato secondo l'estetica vittoriana: fra alberi secolari ed essenze esotiche e rare sorgevano la casa in stile Arts and crafts del giardiniere, scuderie e rustico, la serra antica neo medievale, quella per i fiori e, addossato al lato ovest della villa, il giardino d'inverno. Venduta dai Leumann nel 1946, adibita a Casinò, poi a gerontocomio nel 1949, la villa fu acquisita dal Comune di Pianezza nel 1986 e dal 1998 è sede municipale.


Rivoli – Villa Maddalena, poi Falzone del Barbarò

Si chiamava in origine Villa Maddalena e assunse in seguito il nome dei proprietari, i Dematteis, titolari della maggiore fabbrica di pizzi del nostro paese. Un primitivo nucleo d’epoca settecentesca fu riplasmato intorno al 1880 e nel primo decennio del secolo seguente, per essere quindi riunito in Villa Allamano. Tale nucleo era suddiviso in tre ville, chiamate Giulia, Lucia e Maddalena. Quest’ultima costituiva il corpo originario dell’attuale Villa Falzone ed era la maggiore, in quanto composta di due vani nel sotterraneo, cinque al paino terreno e altrettanti al primo piano.

Dichiarata di notevole interesse storico artistico nel 1995, si eleva su due piani e seminterrato presentandosi con frontone monumentale, torretta, veranda e decorazione in litocemento che nel portone d’ingresso raggiunge effetti di particolare esuberanza. L’aspetto che oggi in gran parte conserva si deve alla connotazione Liberty conferita da Antonio Vandone di Cortemiglia, designer anche delle lampade in ferro lavorato e delle vetrate policrome.


Rivoli – Villa Mollino, già Carisio – Brusati di Settala

A metà ‘800 Rivoli si presentava come un esteso borgo agricolo tagliato in due dalla via Maestra, ricca di botteghe e osterie, cuore commerciale dell’abitato. Sebbene non sia divenuta la “Versailles sabauda”, fu luogo di villeggiatura della nobiltà torinese per l’ottimo clima e le visuali aperte sulla catena alpina. Molti gli esempi di architettura liberty come ad esempio Villa Mollino

Fu la residenza estiva dell’ing. Eugenio Mollino e poi del figlio Carlo, geniale progettista, designer, scrittore e fotografo, che vi ambientò il romanzo L’amante del Duca (1934-36). L’edificio così come si presenta oggi è esito di riplasmazione e ampliamento condotti in un primo tempo dal solo ing. Mollino e poi in collaborazione col figlio Carlo, su un preesistente fabbricato disegnato dal geom. Angelo Marchetti nel 1870 che il già affermato professionista aveva acquistato nel 1912 da Rosalia Carisio. Ne derivò una planimetria cruciforme, elevata su due piani, seminterrato e mansarda, oltre i quali emerge la torretta del corpo centrale di raccordo che accoglie il vano scala e termina in un belvedere cinto da una ringhiera a disegni stilizzati. Nel parco che circonda la villa sorgevano in origine la conciergerie con annesso rustico, una serra calda in muratura e un’altra fredda in ferro e vetro. L’interno presenta motivi di pregio quali i pavimenti in seminato di graniglia a disegni geometrici, i soffitti affrescati, le boiserie e le lampade in ferro lavorato.

La libertà compositiva che connota l’abitazione è manifesto della progettualità di Eugenio Mollino che qui ha operato scelte audaci massimamente espresse nell’andamento della copertura.


Rivoli - Villa Filippi

Ed ecco Villa Filippi. Realizzata ai primi del Novecento in corso Francia 88, era collegata da un passaggio sotterraneo al saponificio Italiano Rivoli dei fratelli Filippi. Il progetto è dell’ingegner Eugenio Mollino e si presenta con una struttura elevata su tre piani e un seminterrato. Il saponificio era stato rilevato nel 1919 dai precedenti proprietari, i fratelli Henn.
È strutturata con una conformazione plano-volumetrica molto articolata e mossa in terrazze, avancorpi ed una zona verandata alla quale corrisponde una copertura altrettanto variata.
In riferimento al piano stilistico i caratteri Liberty appaiono frammisti a elementi “di desinenza ecclettica, mantenendo sempre elevate la coesione estetica e la qualità formale”.
Si tratta, è bene ricordarlo, di una villa che riprende i tratti compositivi di una precedente costruzione, sempre ad opera dell’ingegner Mollino e della stessa proprietà, situata a pochissima distanza.


Avigliana – Dinamitificio Nobel

Il Dinamitificio Nobel di Avigliana rientra a pieno titolo fra le pagine di una storia industriale, sociale e culturale a cavallo di due secoli, tra il 1872 e il 1965. Era la sede della Società Anonima per la produzione di dinamite su brevetto Nobel nata dall’iniziativa di cinque banchieri parigini.
Un complesso davvero interessante di archeologia industriale che comprende anche una cappella realizzata nel 1907. La parte dello stabilimento presentava importanti strutture in calcestruzzo armato per la produzione di vari tipi di polvere che al tempo venivano richiesti dai Ministeri della Guerra e della Marina.
Sono presenti inoltre guardiole d’ingresso di gusto Art nouveau, un edificio adibito ad uffici di tre piani con corpi di fabbrica angolari e tetti alla francese coperti da grandi lose.
Nel 1917 l’impianto contava ben 4 mila operai e alla metà degli anni Venti veniva convertito in fabbrica di vernici.
Il complesso, realizzato su progetto di Stefano Molli, è visitabile ed è sede dell’Ecomuseo Dinamitificio Nobel.


Trana - Villa Rey

Immersa in un parco informale, la Villa presenta una struttura mossa e si eleva su due piani e torretta. Un avancorpo poligonale aggettante sulla fronte principale origina la piacevole veranda, chiusa da vetri policromi, presenti anche in altre aperture dell’edificio e in particolare nelle finestre tripartite della torretta, sottolineate da ornati dipinti di tipo calligrafico, a losanga, quadrati e a motivi astratti color senape su fondo calce. Forme decorative, queste, estese ad altre parti dei diversi corpi di fabbrica arricchendosi anche di motivi a onda e a lisca di pesce, sempre nelle medesime tonalità, che si stagliano sul grigio dell’intonaco del paramento. Le terrazze che si aprono al primo piano rendono più dinamica la struttura che cede così ogni residua compattezza volumetrica ponendosi in suggestiva osmosi con lo spazio giardino, dove tra alberi secolari perdura il fabbricato portineria. Originale il disegno dei battenti in ferro lavorato del cancello carraio che privilegiano tracciati geometrici e circolari.


Giaveno - Palazzina Geninatti

In origine isolata e circondata da un piccolo giardino, successivamente saldata al continuum di fabbricati prospettante uno degli assi rettori urbani del centro storico giavenese, la palazzina si eleva su tre piani e mansardato e fu eretta rispettando fedelmente gli elaborati progettuali redatti dallo stesso committente, residente a Sant’Ambrogio, “premiato all’Esposizione di Parigi del 1900”. Il trattamento a bugnato rustico del piano terreno contrasta con la fattura ricercata dei ferri lavorati dei balconi che si caratterizzano per la sagomatura alla base, accentuata dalla sinuosità delle grosse foglie angolari. Sintetiche le cornici delle aperture che al livello inferiore presentano un passaggio carraio verso l’androne collegato al cortiletto interno, dal quale si raggiungono i piani superiori abitativi, mentre il pian terreno è adibito a bottega. Tipico dell’architettura montana il motivo a lambrequin che sottolinea la copertura e che avrebbe dovuto recare al sommo, intagliata, la sigla “G”.


Giaveno (Borgata Selvaggio) – Santuario di Nostra Signora di Lourdes

Quando la primitiva cappella secentesca minacciava rovina, nel 1908, fu edificata una nuova chiesa a croce latina. Del progetto fu incaricato l’architetto salesiano Giulio Valotti, autore anche dell’ampliamento-rifacimento avviato nel 1915. La chiesa e il santuario furono consacrati rispettivamente nel 1909 e nel 1926. Per la costruzione fu attivata una cava a monte della borgata dove gli scalpellini fratelli Mollar estrassero la materia prima impiegata per gli imponenti fabbricati in pietra a vista di gusto neoromanico. I lavori furono condotti dal capomastro Andrea Bramante di Coazze. La realizzazione degli apparati ornamentali vide il concorso dei maggiori artisti e ornatisti del tempo per la maggior parte usi a collaborare nell’ambito di edificazioni di gusto Liberty. Legati a tali cantieri erano anche la ditta Catella che provvide mosaici e marmi e la ditta Jura cui si deve il pulpito. Una circostanza che ha motivato i numerosi inserti aderenti a questa corrente stilistica, riscontrabile tra l’altro nelle raffigurazioni interne di angeli di ascendenza simbolista e nel florealismo degli affreschi, nelle vetrate policrome, nei rilievi fitomorfi dei battenti d’ingresso, nei ferri lavorati a coup de fouet, nella conformazione orientaleggiante dei campanili gemelli di facciata.


Coazze – Villa Martini, poi Antonietta

Porta naturale del Parco regionale Orsiera Rocciavrè, Coazze e le sue borgate scoprirono la vocazione turistica nella seconda metà dell’800, una frequentazione rimasta fenomeno elitario sino agli anni ‘40 del secolo scorso motivando l’arrivo di ospiti illustri come il conte di Cavour, Vittorio Emanuele II, Luigi Pirandello, Massimo Mila. Villa Martini è una delle più compiute creazioni della stagione Liberty in provincia di Torino. La contestuale progettazione di edificio e arredo interno rappresenta una rara adesione al concetto di opera d’arte totale propugnato dall’Art nouveau, mirante a una produzione artistica che abbatta l’idea di superiorità di un’arte rispetto a un’altra e che fonda in sé tutte le arti, anche quelle comunemente considerate “artigianato”. Se l’impostazione generale invia al villino Lauro presentato all’Esposizione del 1902 dove trionfò il Liberty, la straordinaria coesione tra costruito e parco-giardino si riflette nell’originale apparato di ferri lavorati, battenti in legno scolpito, fiori e piante graffite, esito di progressive stilizzazioni a lungo e profondamente meditate dall’ingegner Gribodo. La denominazione Villa Antonietta si deve al passaggio nel 1928 a Carlo Polluce Sesia che alla sua morte, nel 1953, lasciò alla moglie Antonietta Miolis.


Almese - Villa Giacometti

A metà dell'800 anche Almese fu interessata da sensibili trasformazioni urbanistiche: rimasta borgo agricolo fino all'attivazione nel 1854 del collegamento ferroviario che rese possibile l'insediamento di alcune industrie, divenne contestualmente meta di villeggiatura estiva.

A commissionare Villa Giacometti fu nel 1906 il ragionier Carlo Giacometti, amministratore della Michelin, la storica ditta di Clermont-Ferrand che in quello stesso anno aveva avviato l'edificazione del nuovo stabilimento di produzione di Torino Dora.

Il fabbricato si presenta elevato su due piani e seminterrato, con contiguo corpo verandato a un unico livello concluso da un terrazzamento. Lo connota un ricco e originale apparato di rilievi in litiocemento d'ispirazione fitomorfa, antropomorfa e astratta, fra cui emergono curiose teste diaboliche.

Di gran pregio i ferri prodotti dalle "Officina in ferro Beuz  Vincenzo di Avigliana" che oltre all'armonioso cancello carraio a fiori compongono i ricercati lampioni per l'illuminazione del vasto parco popolato di statue di gusto simbolista, tra alberi secolari, essenze esotiche e preziose: Di ottima fattura le opere di ebanisteria, soprattutto le porte esterne. L'interno è uno scrigno prezioso nel più schietto stile liberty d'ispirazione internazionale, a cominciare dagli affreschi a tema floreale di pareti e soffitti realizzati dal pittore alesino Cornelio Borgione, proseguendo con le plafoniere e lampioncini che sembrano appena usciti dagli atelier di Nancy.


Sant'Ambrogio di Torino - Cotonificio Fratelli Bosio

Nel 1849 prese avvio per il paese una nuova stagione caratterizzata da diverse attività imprenditoriali, la più importante delle quali fu il Cotonificio Fratelli Bosio.

L'insediamento nel 1871 del Cotonificio rientrava in quel preciso disegno di sviluppo industriale che portò una radicale trasformazione in senso urbano dei piccoli borghi rurali. A fondarlo furono due fratelli elvetici, Augusto e Pietro Bosio, che costituirono la Società Fratelli Bosio nel 1883 per la tessitura e la confezione di maglie di cotone. La fabbrica si ingrandì e nel 1905 dava lavoro a 1400 operai: a quella data il complesso comprendeva gli stabilimenti di produzione, la Villa Neveux, prima residenza dei Bosio, la palazzina direzionale e il cosiddetto Borgo nuovo con case operaie e villette a uso abitazione per i capi reparto dello stabilimento. Nel 1924 si assiste a un vero e proprio ingrandimento dello stabilimento verso ovest. L'originaria struttura industriale è formata da quattro maniche parallele che si chiudono su tre stretti cortili a loro volta delimitati alle testate da due fabbricati contigui, uno dei quali rivolto verso la ferrovia a costituire la facciata. Questa è articolata in quattro corpi a due piani con finestre disposte in doppio ordine e incorniciate da stipiti in cotto sagomato. Il lato orientale, con una serie di 26 finestre, mantiene i caratteri decorativi della facciata con una copertura a doppia falda in legno di gusto mitteleuropeo, che si ripetono nella Villa e nelle case operaie.


Chiusa di San Michele - Balcone con ringhiera in ferro lavorato

Chiusa di San Michele sorse nel punto più stretto della valle di Susa, quasi all'imbocco della pianura. In origine presidio militare, la zona fu considerata per secoli la porta d'Italia, un confine con al centro una sorta di terra di nessuno. Nell'Ottocento e in parte del secolo scorso Chiusa gravitò sui Comuni limitrofi, specie Condove, dove trovò occupazione gran parte della forza lavoro del paese.

In via Roma si può notare un singolare balcone che, avulso dal contesto edilizio come da quello contiguo, presenta una tipologia legata nella conformazione a precedenti barocchi, per la particolare sequenza di concavità e convessità che ne caratterizza il profilo. Tipicamente Liberty è invece il disegno fatto di nastri piatti articolati a comporre forme sinuose e geometrie rettilinee intervallate a fogliame e carnosi boccioli di fiore che sono diretta trasposizione del particolare naturalismo art nouveau che mira alla struttura piuttosto che alla forma. Un esibito elogio alla rosa connota un altro balcone in piazza della Repubblica dove si misurano estreme stilizzazioni risolte come riduzione bidimensionale della forma e intense concrezioni realistiche dall'aspetto quasi scultoreo.


Susa - Villa Antoniotti

Eretta lungo l'antica Strada reale quasi di fronte al cotonificio Moncenisio, Villa Antoniotti era destinata ad abitazione per il progettista Sebastiano Antoniotti, le cui iniziali restano sulla banderuola al sommo della copertura. Un'edificazione interpretabile come réclame dell'impresario segusino, anche se la data 1890 incisa al di sotto di una delle finestrelle suggerisce una rielaborazione di un preesistente fabbricato: circostanza che però non emerge dagli elaborati progettuali che riportano l'edificio elevato su tre piani e torretta con soprastante altana, in asse con il vano scala interno articolato in tre successioni di rampe, esattamente come è tuttora.

Alla conformazione mossa dei corpi di fabbrica fa eco un eccezionale programma decorativo, calibrato in relazione alle differenti visuali e con intento connotante le diverse parti dell'edificio. Rilievi litocementizi, ferri lavorati, inserti ceramici e opere di ebanisteria paiono esito di incroci, innesti e libere contaminazioni di diversi modelli naturali. Suggestivi gli interni dove la contenuta dimensione dei vani trova nuove spazialità nelle pitture a soggetto floreale e nelle proiezioni tramite le aperture verso il circostante giardino, contigua al vigneto e al fabbricato scuderia.


Susa - Villino Arigo

Villa Arigo con la sovrastante officina fu commissionata dall'ingegner Giuseppe Arigo, contitolare dell'impresa per la produzione di energia elettrica, poi denominata "Arigo e Valoire". A erigerla fu l'impresario Tommaso Ramella che studiò un'impostazione plano-volumetrica rispondente all'irregolare conformazione del terreno, cosicché l'edificio si presenta elevato su un solo piano verso monte e su due, oltre il mansardato, verso valle. L'esito è una struttura mossa e articolata in corpi di fabbrica trattati sulle fronti ad arriccio, sulla quale si stagliano candidi ornati che incorniciano le aperture con motivi a segmenti orizzontali e penduli impreziositi da cammei con figurazioni di teste di medusa a rilievo. Insolita la decorazione della cimasa che funge da marcapiano sulla fronte mansardata, costituita da pregevoli ceramiche che alternano foglie e violette dall'intensa cromia, prodotte dalla ditta Cantagalli di Firenze. Di disegno schiettamente Liberty l'apparato di ferri lavorati.


Susa - Villa Ramella

Eretta come propria abitazione dall'affermato impresario Tommaso Ramella, l'omonima Villa sorse nel cuore storico della città, in prossimità dell'antica via delle Gallie. I lavori di scavo portarono al rinvenimento di una strada romana e di reperti archeologici venduti nel 1914 al Metropolitan Museum di New York. L'elegante palazzina costituisce una sorta di manifesto dell'aggiornata progettualità dell'impresario segusino, come dimostra l'insieme dell'apparato ornamentale composto di evidenti plasticature in litocemento a formare corone vegetali, nastri, bugne, segmenti penduli e le curiose cornici dalle vaghe reminiscenze barocche che inquadrano le finestre. Il corpo edilizio è organizzato su due piani e mansardato e si dilata in un bow-window illuminato da bucature con vetrate policrome che mimano forme vegetali stilizzate. Notevole l'apparato di ferri lavorati dal disegno a coup de fouet a comporre balconate, recinzione e l'armonioso fastigio al di sopra dell'imposta del tetto, saldato a pilastrini in litocemento con rilievi floreali.


Chiomonte - Centrale idro-termo-elettrica

È un sito industriale l’esempio di architettura Liberty di Chiomonte, per l’esattezza si tratta della centrale idro-termo-elettrica AEM, l’Azienda Elettrica oggi appartenente al Gruppo Iren. Viene progettata alla fine del 1905 grazie ad una concessione per la derivazione dalla Dora Riparia per soddisfare la richiesta continua di energia da parte della capitale sabauda. Un’opera che contribuisce, insieme alla ferrovia, allo sviluppo e all’industrializzazione della valle.
La sua realizzazione, su progetto del capo dell’Ufficio tecnico Clemente Bornani, è alquanto difficoltosa e i lavori vengono rallentati anche da una piena della Dora che provoca numerosi danni e genera cumuli di detriti; la completa attività della centrale avviene solo nel mese di ottobre del 1910.
La stazione di trasformazione e le varie apparecchiature vengono alloggiate nel grande fabbricato eretto su cinque piani contiguo alla sala macchine. L’edificio presenta sobrie decorazioni in bicromia, interessanti i pregevoli ferri lavorati, tipici segni Liberty che caratterizzano molte centrali piemontesi.


Bardonecchia – Palazzo delle Feste

L'ingegner Carlo Angelo Ceresa (Vercelli, 1870 – Bardonecchia, 1923) fu progettista e direttore dei lavori di costruzione di questo monumentale edificio per conto della Società Immobiliare Bardonecchia. Sorse così un fantasioso palazzo per spettacoli e divertimenti concepito sul modello dei kursaal presenti nelle più elitarie località termali e di villeggiatura: la sua polifunzionalità inviava al torinese Trianon Kursaal (1908) di via Viotti. Tra crescenti difficoltà economiche presero forma i raffinati e costosi interni, ripartiti in caffè-birreria-ristorante, locali giochi, sale lettura e da the, teatrino e salone per ogni genere di spettacolo. Sebbene incompiuto, il Palazzo rimbalzava sulle più prestigiose riviste di architettura del tempo. Durante il primo conflitto mondiale fu alloggio per ufficiali e ricovero dei prigionieri di guerra. Acquisito dalla Fiat come dopolavoro alpino, il Palazzo delle Feste fu ceduto nel 1935 al Comune: la sala di spettacolo fu elevata a mille spettatori per ospitare cinema e teatro operistico. Nel 1950-58 accolse il primo ostello italiano della gioventù. Da allora alternò fasi di abbandono a fantasmagorici progetti di reimpiego, finché nel 1981 fu avviata l'opera di recupero, conclusasi con l'inaugurazione il 5 febbraio 1997.



(15 giugno 2022)