I NOSTRI COMUNICATI

 

A Pinerolo fino a maggio è aperta la mostra “Addio Inverno!” sulle vallate alpine

Un excursus sugli abiti, sui colori e sulle maschere tradizionali delle vallate alpine piemontesi: resta aperta fino al  27 maggio il Museo Civico Etnografico del Pinerolese, con la mostra “Addio Inverno! Colori, riti e feste delle montagne”.
Per informazioni su giorni e orari di apertura si può consultare il portale Internet www.museoetnograficodelpinerolese.it o telefonare al numero 335-5922571.
La mostra è nata dal coinvolgimento di numerose realtà locali del Torinese e del Cuneese nel lavoro di ricerca e studio di Gian Vittorio Avondo (storico e membro del Comitato scientifico del Museo), di Davide Rosso e di Luca Giai. Gli oggetti esposti sono un vero e proprio “tuffo nel passato”, tra colori, vesti e maschere, alla scoperta di memorie fra il quotidiano e il sacro, fra carnevali, sacre rappresentazioni, antichi riti propiziatori ed eventi memorabili. È la rivelazione di un mondo tradizionale sospeso fra realtà e immaginario, tra il lavoro e la quotidianità contadina e montanara e la spiritualità popolare, in una riscoperta di radici identitarie presenti e vive anche nelle feste tramandate dagli avi e celebrate tuttora: dal Carnevale di Champlas du Col di Sestriere alla Baìo di Sampeyre, dalle maschere “Barbujre” del Lajetto di Condove alla danza degli Spadonari di Giaglione. L’area lungo cui si è sviluppata la ricerca proposta nella mostra costituisce geograficamente un vasto triangolo nel Piemonte occidentale, che ha come base la catena alpina nel tratto compreso tra Cozie e Graie e come lati i torrenti Stura di Demonte e Stura di Lanzo: sono le vallate in cui si parlano l’occitano e il francoprovenzale, lingue minoritarie millenarie, tutelate dalla legislazione nazionale e regionale e oggetto di iniziative di promozione e tutela da parte delle Provincie di Torino (oggi Città metropolitana) e Cuneo.
Partendo dalla Stura di Demonte e procedendo verso nord in direzione dell’altra Stura, quella di Lanzo, si incontrano le Valli del Grana, del Maira, del Varaita, del Po, del Pellice, del Germanasca, del Chisone, della Dora Riparia di Susa e delle due Sture che percorrono le valli di Viù e Grande. Nella parte alpina del comprensorio i villaggi raggiungono quote anche elevate, fino ai 2000 metri di Sestriere Colle. Un tempo intensamente popolati, i paesi delle vallate occitane e francoprovenzali, per quanto geograficamente assai vicini tra loro, si rivelano estremamente interessanti e diversi sotto il profilo etnografico. Cambia la parlata – anche se tra abitanti di valli confinanti ci si comprende abbastanza facilmente - e cambiano le consuetudini, soprattutto quelle legate al vivere quotidiano, alla tradizione e al folklore. È una porzione della catena alpina che nei secoli passati – ad esempio nell’epoca d’oro del Marchesato di Saluzzo o in quella della Repubblica degli Escartons - conobbe la prosperità economica e demografica, legata a un mondo contadino alpino tradizionale (conservatore, se si vuole). Un mondo che, sino all’alba del XX secolo, rimase al riparo dalla cultura dell’industrializzazione, propensa a spazzare via le antiche consuetudini per sostituirle con riti determinati dal consumismo e ispirati alla semplificazione, alla standardizzazione del lavoro e del comportamento sociale. I pannelli della mostra propongono immagini e testi che raccontano un mondo e un modo di fare festa legati alla rievocazione di particolari momenti storici o leggendari della vita locale, come le “Baìe”, che rievocano le vicende delle antiche milizie locali di autodifesa. Quanta storia, quanta cultura, quanta autocoscienza delle comunità locali si ritrovano nei carnevali alpini, nelle sacre rappresentazioni, negli antichi culti propiziatori, nelle feste legate a riti augurali per la fine dell’inverno e l’avvento di una primavera che si spera favorevole al raccolto! Feste e riti erano anche occasioni per esorcizzare i rischi e le paure che i montanari sperimentavano quotidianamente: la presenza di animali pericolosi come lupi e orsi, le valanghe e le frane, la carestia, le malattie degli umani e degli animali domestici. Si va da “Lou Bal dâ Sabre” (la danza delle Spade) degli spadonari di Venaus in Valsusa al Bal dâ sabre di Fenestrelle in Val Chisone; dagli Spadonari di Giaglione al Carnevale di Valdieri, che ha come protagonista l’Orso di Segale e che si ripropone in Valsusa con l’Orso di Monpantero; dalle Barbujre di Lajetto all’antico Carnevale di Champlas du Col; dalla Baìo di Sampeyre a cadenza quinquennale alle feste di Coazze, Volvera e alle sacre rappresentazioni di Villafalletto e Venaus; dal Carnevale di Ivrea al Falò che nelle Valli Valdesi ricorda l’emancipazione dei protestanti e la fine delle persecuzioni religiose. È un tuffo indietro nel passato alla ricerca di radici che, in fondo, appartengono a tutti i piemontesi, anche a chi vive in pianura ma ha origini contadine e montanare che vale la pena di riscoprire.