Immaginare un futuro economico e sociale sostenibile per le località montane di media e bassa quota che ospitano stazioni sciistiche di piccole e medie dimensioni e che si confrontano con il cambiamento climatico. Se ne è parlato nella mattinata di martedì 18 aprile nella sede della Città metropolitana di Torino, nel corso del convegno sul tema "Affrontare il cambiamento climatico nelle stazioni sciistiche di media montagna". L'incontro è stato il primo momento di confronto fra i partner del progetto Interreg Spazio Alpino "BeyondSnow", che ha l'obiettivo di incrementare la resilienza delle stazioni sciistiche all'incremento delle temperature medie e alla diminuzione delle precipitazioni nevose.
Immaginare e incentivare un turismo montano diverso del modello tradizionale della stazione sciistica è possibile? La stazione sciistica di Métabief, nelle montagne del Jura francese, è emblematica di un approccio condiviso dalla comunità locale per capire quale conversione delle attività e delle strutture sia possibile per accompagnare il comprensorio a un futuro che, secondo gli studi più accreditati, di qui al 2040 sarà sempre più senza neve. Responsabili politici e tecnici della località e del territorio del Jura francese sono arrivati a Torino per confrontarsi con gli altri partner del progetto Interreg e per raccontare il lavoro di studio e concertazione tra tutti gli attori interessati avviato negli ultimi anni a Métabief.
"BeyondSnow" è un progetto a cui partecipano enti pubblici e privati ed esperti di sei paesi alpini: Italia, Francia, Svizzera, Germania, Austria e Slovenia. L'Ente capofila è l'istituto Eurac Research di Bolzano. Gli altri partner sono la Città metropolitana di Torino, Legambiente Lombardia, il Politecnico di Torino, la Comunità montana della Carnia, la Cipra-Commissione internazionale per la protezione delle Alpi, la Development Agency for Upper Gorenjska, il Deggendorf Institute of Technology-Syndicat Mixte du Mont d'Or e il Gruppo Svizzero per le regioni di montagna. Nei prossimi tre anni i partner elaboreranno percorsi di sviluppo sostenibile, processi di transizione e soluzioni attuabili. In particolare verranno co-progettate e realizzate attività di sensibilizzazione e formazione in 10 aree pilota distribuite in tutto l'arco alpino, per coinvolgere cittadini e decisori a tutti i livelli tecnici e politici e per garantire che i modelli sviluppati e i percorsi tracciati soddisfino i bisogni delle comunità e dell'ambiente.
Anche a Métabief, in una regione nota come la "Siberia della Francia" per le basse temperature invernali che abitualmente vi si registrano, l'innevamento programmato è stato ed è una risorsa fondamentale per la stazione sciistica, ma da tempo ci si interroga sulla sua sostenibilità economica e ambientale, sulla crescente carenza di acqua e sulle attività all'aria aperta alternative che si devono sin d'ora proporre ai turisti quando la neve non c'è o è troppo poca per sciare. Già oggi quando l'innevamento naturale è scarso e alcune piste sono agibili solo grazie ai "cannoni", la frequentazione cala. Di qui la scelta di non investire più grandi risorse nell'innevamento programmato e di limitare la gestione degli impianti di risalita alla manutenzione ordinaria e straordinaria di quelli esistenti, per garantirne la fruizione in sicurezza. Le ipotesi e le simulazioni sulle conseguenze del cambiamento climatico si basano su dati e proiezioni elaborati da enti che, come Meteo France, hanno una credibilità e un rigore scientifico indiscussi. calcolato e conseguenze ipotizzabili, anche in termini di costi di innevamento. A Métabief sono ben consapevoli del fatto che quando la stagione sciistica si riduce a meno di 100 giorni la gestione della stazione non è più economicamente conveniente. Gettando il cuore oltre l'ostacolo, i gestori della stazione stanno trasformando i tradizionali contratti stagionali del personale impiegato negli impianti di risalita in contratti a tempo indeterminato per attività lavorative all'aria aperta legate ad una frequentazione innovativa della montagna. In un non facile confronto tra amministratori locali, imprenditori e lavoratori di tutti i settori, portatori a vario titolo di interessi legati all'ambiente, si immaginano e si sperimentano idee innovative per coniugare e far convivere la frequentazione turistica e sportiva, le attività agricole, zootecniche e forestali. Per sensibilizzare i turisti e gli sportivi al rispetto del territorio si ricorre anche alle analisi e ai metodi della psicologia sociale, in un processo a tappe, in cui il territorio cerca anche il modo per produrre l'energia indispensabile alla ricettività e alle attività sportive sfruttando il più possibile le fonti rinnovabili. Il masterplan che sta nascendo avendo come orizzonte il 2040 tiene quindi conto di aspetti che vanno dalla sostituzione delle attività turistiche tradizionali con quelle meno impattanti sull'ambiente alla difesa delle filiere agroalimentari locali. Ogni settore, ogni attività, dallo sci alpino a quello nordico, dalla mountain bike alle escursioni, è un "cantiere", a cui lavorano gli attori interessati. Ogni cantiere deve rispondere ad una filosofia di fondo, condivisa a livello locale e con la Fabbrica delle Transizioni, un'alleanza di quasi 400 territori francesi e di attori impegnati nella transizione ecologica.
Quello del Jura francese è un modello esportabile anche in Italia? Come hanno sottolineato il Vicesindaco metropolitano e la Consigliera metropolitana delegata alle attività produttive, l'assetto istituzionale francese è maggiormente strutturato e solido. In Italia e in Piemonte l'operatività degli Enti di area vasta non è stata certamente agevolata dalla riforma Delrio, che ha depotenziato le Province, e da una legislazione regionale che ha sostituito le Comunità Montane con Unioni di Comuni che presentano livelli operativi e di coesione molto diversi a seconda dei territori. Quella del futuro delle località sciistiche di media e bassa montagna è una delle tante sfide ambientali, economiche e sociali che attendono nei prossimi anni e decenni l'unica Città metropolitana metromontana d'Italia, quella di Torino. Di qui la scelta di identificare i Comuni di Ala di Stura e Balme come casi di studio in cui le idee e le buone pratiche proposte dal progetto "BeyondSnow" potranno trovare un'applicazione sperimentale, per garantire che le risorse delle vallate alpine siano tutelate e valorizzate ed evitare che la montagna non sia solo e non sia più la periferia e l'area giochi della metropoli. Alla montagna torinese, come ha ricordato il Vicesindaco metropolitano, non servono né il turismo "mordi e fuggi" né, probabilmente, gli smartworker che possono lavorare indifferentemente in città, al mare o in montagna: servono persone che vivano e lavorino in montagna anche quando i turisti non ci sono, occupandosi del territorio, dei suoi pascoli, dei terreni coltivati, dei boschi, dei corsi d'acqua e dei servizi alla popolazione locale.
Il seminario con i partner di BeyondSnow è proseguito nel pomeriggio del 18 aprile e nella mattinata del 19 con la visita ad Ala di Stura e Balme, le località scelte come casi di studio italiani, in cui immaginare un futuro delle attività turistiche non più e non solo legato allo sci. Nella Val d'Ala gli amministratori e gli imprenditori locali hanno la necessità di predisporre e programmare nuove proposte di attività turistiche e sportive all'aria aperta, legate alla valenza ambientale del territorio e al suo patrimonio linguistico, culturale e architettonico. Non è mancata una tappa al Pian della Mussa, raggiungibile in estate con l'auto e in inverno con sci e racchette da neve: un luogo che deve preservare il proprio ecosistema da una frequentazione eccessiva e non regolata.
Le idee innovative del progetto "BeyondSnow"
Complice la crisi climatica, ormai da anni nelle stazioni sciistiche italiane alle quote più basse è emergenza, a causa delle precipitazioni sempre più scarse e delle temperature troppo elevate per produrre e mantenere sia la neve programmata che quella naturale, che scarseggia o non arriva nei periodi in cui serve per preparare le piste. A tutte le quote su Alpi e Appennini nevica sempre di meno, con impatti negativi sul turismo invernale, sulla stagione sciistica e di conseguenza sulle opportunità occupazionali. Produrre neve programmata costa sempre di più, soprattutto se l'energia elettrica impiegata non proviene da fonti rinnovabili come le centrali idroelettriche. È un quadro certamente preoccupante quello che emerge dai dati del nuovo dossier di Legambiente "Nevediversa 2023. Il turismo invernale nell'era della crisi climatica", presentato il 7 marzo nella sede della Città metropolitana di Torino, che ha patrocinato l'iniziativa.
Stando alle ultime stime disponibili, l'Italia è uno dei Paesi alpini più dipendenti dalla neve programmata, con il 90% di piste servite dai "cannoni". Sono 142 i bacini idrici in prossimità dei comprensori sciistici italiani utilizzati principalmente per l'innevamento programmato, mappati da Legambiente attraverso l'utilizzo di immagini satellitari, per una superficie totale pari a circa 1.037.377 metri quadrati. In Piemonte sono stati censiti 16 bacini. Aumenta il numero di impianti di risalita dismessi o temporaneamente chiusi. Per alcune stazioni sciistiche a rischio di chiusura Legambiente parla di "accanimento terapeutico", perché sopravvivono grazie alle sovvenzioni pubbliche. Legambiente ha anche censito gli edifici fatiscenti, costruiti a servizio delle stazioni sciistiche dismesse, ma anche gli esempi positivi di smantellamento di seggiovie e skilift e di riuso degli edifici di servizio.
Legambiente non ritiene più sostenibile l'innevamento programmato, in questo scontrandosi con gli esercenti degli impianti a fune, riuniti nell'ANEF, la cui presidente, Valeria Ghezzi, ha partecipato alla presentazione del dossier "Neve Diversa", insieme ad alcuni amministratori locali montani e ai responsabili di comprensori sciistici importanti, come la Vialattea, Bardonecchia, il Mondolè Ski e Bielmonte. È nota e di lunga data la divergenza di opinione tra gli ambientalisti e gli imprenditori delle stazioni sciistiche sul tema del consumo di acqua, energia elettrica e suolo in territori di grande pregio per produrre neve. È da notare però che, anche in caso di copertura naturale sufficiente, la neve programmata e prodotta ad inizio stagione rende più sicuro e omogeneo il fondo delle piste, soggetto ad una forte usura. A Legambiente, che obietta che la quantità di acqua impiegata in Italia per produrre neve è pari al consumo annuo di una città di un milione di abitanti, gli impiantisti rispondono che non vengono assolutamente impiegati additivi, che l'acqua viene restituita ai terreni e ai torrenti a fine stagione al momento del disgelo e che i "cannoni" e i battipista più avanzati consentono di risparmiare acqua e corrente elettrica, producendo solo il minimo indispensabile di neve nelle adeguate "finestre" di freddo. È innegabile che il costo dell'innevamento è aumentato, a causa della crisi energetica seguita alla guerra in Ucraina, ma, ribattono gli impiantisti, la chiusura di molte stazioni invernali farebbe scomparire molte migliaia di posti di lavoro.
Nessuno ormai nega il cambiamento climatico e dunque la sfida che, come è emerso dalla presentazione del dossier di Legambiente, operatori turistici, amministratori pubblici e ambientalisti devono affrontare insieme è quella di individuare prima possibile e nel miglior modo possibile un modello alternativo di frequentazione sportiva ed escursionistica della montagna, soprattutto laddove la quota, l'orografia e l'esposizione delle piste ai raggi solari rende sempre più scarso ed episodico l'innevamento naturale e sempre più costoso e a rischio quello programmato. Legambiente ritiene che nei prossimi anni si debbano investire più risorse nell'adattamento e meno nell'innevamento programmato, anche in considerazione della prevedibile scarsità di acqua. Il clima sempre più caldo e le precipitazioni sempre più irregolari hanno un impatto sul turismo, ma anche sull'attività agonistica dello sci alpino e su quella Coppa del Mondo che ne è la vetrina promozionale e che, come ha ricordato Vanda Bonardo, responsabile Alpi di Legambiente, nella stagione in corso ha visto annullate diverse gare, proprio per mancanza di neve o per le temperature che mettono a rischio la sicurezza delle piste e degli atleti.
Buoni e cattivi esempi sono passati in rassegna nel dossier di Legambiente, che presenta anche una settantina di storie di imprenditori e di comunità locali che hanno deciso di puntare sulla sostenibilità e sul senso di comunità. Proprio la ricerca e la messa in rete di idee positive e innovative è al centro del progetto europeo Interreg-Alpine Space "BeyondSnow", coordinato dal centro di ricerca Eurac Research di Bolzano. La Città metropolitana di Torino, Eurac Research e gli altri 11 partner europei del progetto si sono dati come missione quella di aiutare le destinazioni turistiche invernali a media e bassa quota a mantenere e aumentare la loro attrattività per abitanti e turisti, nonostante la carenza di neve causata dal cambiamento climatico. Sonia Cambursano, consigliera metropolitana delegata alle attività produttive e al turismo, ha sottolineato che "il tema è particolarmente sentito in un territorio come il nostro, in cui il 52% dei Comuni appartiene alle vallate alpine. Dobbiamo dare una prospettiva a quei piccoli Comuni che hanno beneficiato di uno sviluppo economico e sociale grazie al turismo della neve. Non possiamo lasciarli soli: dobbiamo pensare a che cosa può esserci accanto e oltre alla sempre più breve stagione dell'innevamento". Infatti l'obiettivo del progetto, che durante la presentazione del dossier di Legambiente è stato illustrato dal coordinatore scientifico Andrea Omizzolo, è proprio quello di accrescere la resilienza delle località montane al cambiamento climatico, attraverso la creazione di un modello adattivo, elaborato raccogliendo dati rilevanti sulle condizioni dell'arco alpino, realizzando una mappa delle vulnerabilità e una serie di proposte per uno sviluppo turistico alternativo. Verrà realizzato uno strumento digitale accessibile gratuitamente ad imprese, autorità e comunità alpine. Attraverso l'elaborazione dei dati e delle esperienze raccolte, il Resilience Decision-Making Digital Tool genererà raccomandazioni utili alla transizione verso modelli turistici sostenibili. Andrea Omizzolo ha sottolineato che questo non significa che verrà proposto tout court di smantellare tutti gli impianti a fune: perché in alcuni casi, anche in stagioni senza neve, funivie, telecabine e seggiovie consentiranno a coloro che non hanno l'allenamento per lunghe camminate di raggiungere incantevoli e rilassanti località in quota, dove potranno dedicarsi ad escursioni facili o ad attività ricreative per tutte le età. Gli esempi di successo più vicini a noi sono quelli ticinesi del Monte Tamaro e di Cardada-Cimetta, ex stazioni sciistiche a quota medio-bassa irrimediabilmente danneggiate dal cambiamento climatico e riconvertite in centri per le attività outdoor 12 mesi l'anno.
Nel corso dei prossimi tre anni, verranno co-progettati e realizzati momenti di sensibilizzazione e formazione in 10 aree pilota distribuite in tutto l'arco alpino, due delle quali, Ala di Stura e Balme, fanno parte del territorio della Città metropolitana di Torino. Ci si confronterà anche con realtà estere che, come la stazione di Metabief, nel Giura francese, hanno già programmato la chiusura degli impianti sciistici entro il prossimo decennio e la riconversione verso nuove attività sportive e ricreative. L'intento è quello di coinvolgere cittadini e decisori a tutti i livelli tecnici e politici, per garantire che i modelli sviluppati e i percorsi tracciati soddisfino i bisogni delle comunità e dell'ambiente. La sfida, quindi, non è più solo quella di destagionalizzare la frequentazione turistica della montagna, ma quella di trovare nuove proposte interessanti per chi abiterà nelle sempre più calde e invivibili aree urbane della seconda metà del XXI secolo.
(20 aprile 2023)